Oramai è un anno che sono qui.
Mi dicevano che sarebbe stato bello per gli spazi, l'indipendenza, per la libertà e altre cose. Non potrei più tornare a casa dai miei se non fossi in gravi difficoltà, anche se quando stavo da loro, tutte le cose per cui mi consigliavano di andare a vivere da sola, non mi mancavano o non erano un grosso problema.
Per gli orari facevo già quello che volevo, dormivo fuori senza preavviso, entravo e uscivo e per il discorso economico, contribuivo in famiglia, non sono mai stata una mantenuta. Con la vita che faccio poi, stavo poco a casa e capitavano pure giorni che incrociassi appena le persone che vivevano sotto il mio tetto.
I primi giorni nel mio nuovo appartamento scoprii però una cosa che non sapevo mi mancasse davvero tanto: la libertà di piangere. Vivere da soli, o in compagnia di qualcuno con cui stai bene e puoi essere te stessa al cento per cento, comporta soprattutto questo.
Salivo velocemente le scale, aprivo la porta, mi chiudevo a chiave dentro e scoppiavo a singhiozzare. Erano lacrime liberatorie. Subito dopo mi sentivo spossata ma anche più leggera. Avevo gli occhi come ripuliti, un sorriso più sincero, una speranza nel cuore. Nelle settimane successive, capitavano dei momenti, quando ero in giro, di sentire il bisogno di tornare a casa per sfogarmi nella mia solitudine. Una cosa che per anni e anni non avevo potuto fare.
Alla gente piace il volto positivo, che non crea problemi. Al lavoro non posso piangere, con tante mie amiche, mi rendevo conto che dovevo fingere, tornata a casa poi, una volta, con mia madre, mio padre e mio fratello che mi avrebbero sentita in qualsiasi stanza fossero stati, per non ricevere domande, a volte affondavo il viso fra due cuscini, sotto le coperte, chiusa in camera, e mi lasciavo andare a qualche singhiozzo soffocato, ma nulla di più. A volte piangevo quando guidavo, l'unico momento di libertà. Ma non in città, solo in tangenziale o in autostrada, perché ferma ai semafori non volevo che mi guardassero.
Potere stare male, poter toccare il fondo.
Questa fu la vera libertà.
La scelta dei copriletti, di come disporre le cose, gli esperimenti fra i fornelli, invece, erano lati divertenti della nuova vita, ma non così essenziali per me, per stare bene.
Mi viene in mente una mia vecchia compagna dei sedici anni. Quel giorno stavo male, davvero male e scoppiai in lacrime, ne avevo bisogno. Lei gridò: "Non ti voglio vedere piangere! Non piangere! Devi sorridere". Erano buone intenzioni? Non saprei, lei me lo impedì per davvero. Io se fossi stata al suo posto avrei fatto il contrario, avrei abbracciato la mia amica e le avrei detto semplicemente: "Sfogati". Poi me ne sarei stata in silenzio, facendole solo sentire la mia presenza.
Fatto sta che non molto tempo dopo lei non si rivelò per nulla amica, perciò non credo ci tenesse veramente a me neppure quel giorno.
Il monolocale in cui vivo non è grande e i mobili sono modesti, ho cinque tazze tutte diverse, quattro piatti e qualche bicchiere. Va bene così, se avessi più stoviglie non saprei dove metterle. Non mi lamento, sono contenta delle mie piccole conquiste. E mi sento serena a vivere senza il timore che i ladri mi entrino in casa e mi portino via tutto, perché qui non c'è nulla da portare via.
I piatti stanno sempre lì a scolare anche quando sono asciutti, perché per farci stare tutti i miei vestiti... ho dovuto invadere anche qualche mobile della zona cucina. Non ho altri posti dove riporre quei quattro piatti.
Ho solo una scarpiera, le altre tre stanno dai miei. Il che vuol dire che tengo un terzo circa delle mie scarpe all'occorrenza. Quando le stagioni sono definite va pure bene, mi prendo le calzature invernali che uso maggiormente col freddo e in estate faccio il cambio, il problema sono quelle strane temperature della primavera e dell'autunno: quando indosso ancora stivali sotto i vestitini ma inizio con scarpe o sandali già aperti sotto i jeans. In queste circostanze mi servirebbero tutte le mie scarpe, allora capita a volte che, dopo essermi vestita, scopro di non avere quelle adatte che credevo di avere, perciò mi cambio, oppure corro dai miei a prenderle.
Qualcuno potrebbe trovare tutto ciò una seccatura, io lo trovo divertente.
Non ho qui la mia collezione di saxofoni, ho preso con me solo qualche libro, qualche cd. E' rimasto quasi tutto là, anche il lucido e scuro pianoforte in sala, quello che un tempo mia madre chiuse a chiave per mettermi in punizione, e nessuno usa la mia vecchia stanza, la considerano ancora mia perché ci torno per esercitarmi.
Se non hai nulla, non puoi perdere nulla.
Tutto sommato, le persone che non hanno nulla da perdere sono quelle che vivono senza paure.
Ho portato via solo il mio pianoforte digitale che acquistai a rate e la chitarra che non so suonare. Il pianoforte è sotto la finestra, quando suono vedo il cielo e i rami. La chitarra è un vecchio cimelio, la suonava mio padre. Ho un pupazzo a forma di tartaruga che mi regalò mia madre al venticinquesimo compleanno, dopo anni e anni di libri, enciclopedie ed atlanti fin da piccola. Chissà perché mi regalò un oggetto così infantile. Le enciclopedie e gli atlanti non ricordo se li ho ancora, questo amico peloso invece mi guarda ancora in silenzio dal divano.
Questo è ciò che penso del mio primo anno.
Resoconto? Ci sono stati alti e bassi, come l'inverno scorso quando facevo saltare la corrente più volte perché non avevo imparato a gestire gli elettrodomestici... per esempio, che dovevo spegnere il boiler dopo la doccia, prima di accendere il phon, e magari non cucinare proprio nello stesso momento, ma dopo due volte a dicembre che con i capelli bagnati, nuda, in accappatoio sotto e cappotto fuori mi ritrovai col buio ad uscire per riattivare la corrente, non me lo scordai più. Oppure le volte che con la febbre stavo a letto tremante, e non c'era nessuno da chiamare dalla stanza per farmi portare acqua o la minestra pronta.
Beh, si cresce.
Però ho avuto anche momenti lieti, come il mio primo alberello di Natale, o tutte le volte che ho cucinato con e per amici e persone care. Lo facevo già dai miei ogni volta che andavano in ferie: era il momento di invitare cavie per fare assaggiare gli esperimenti culinari. Mi divertivo tanto. Oggi mi piace farlo anche per me.
Sono invecchiata di un anno, ma più in quest'anno che nei precedenti. Sono caduta diverse volte. Ma oggi sono qui e non guardo davanti a me, non so cosa osservare.
Osservo invece il cielo e le nuvole. Quando sto a letto al mattino le vedo dalla finestra.
E' bello poterle osservare anche così.
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