lunedì 20 luglio 2015

Un po' di me

Vivo senza adsl, senza televisione, non ascolto la radio, non conosco le pubblicità e non mangio carne e pesce.
No, non sono un'eremita.
Sono stata una bambina cresciuta a merendine e cartoni animati e, da adolescente, ero una fanatica dei fast-food, MTV, le riviste di moda. Avevamo una televisione per ogni stanza.
Ho sempre vissuto con la connessione veloce e mi scaricavo il mondo, chattavo, conoscevo tutti i social network e vi ero pure iscritta. Oggi non ho bisogno, non ho voglia di avere tutto questo.

Non sono cambiata, ho solo ritrovato me stessa e sto meglio così. Sono sempre stata così, ma in un'altra forma.

Oggi vi racconto e spiego questi aspetti di me che fanno incuriosire le persone.

Se scavo e ricordo bene nel mio passato, a scuola, durante la ricreazione, preferivo farmi gli affari miei al mio banco anzichè aggregarmi ai gruppi. Ci fu un mio compagno alle elementari che in un compito in cui bisognava descrivere la classe, parlò proprio di me sotto questo aspetto: "Mi è simpatica Thasala perché quando c'è ricreazione se ne sta da sola al suo banco, non va a fare merenda con le altre bambine, si fa sempre gli affari suoi".
Mi è rimasta impressa la frase di questo suo tema, perché io non mi rendevo conto di farmi gli affari miei.

In gita scolastica alle superiori, l'unica che durò quattro giorni, divenni insofferente al secondo giorno perché mi mancava di starmene per conto mio. Eravamo sole ragazze e questo mi indusse ad essere ancora più scocciata dalla compagnia, perché tante femmine messe assieme provocano un viperaio.

Una volta mi persi perché anzichè seguire la classe, rimasi ferma, ammirata, a guardare la lavorazione di una chitarra in un negozio del centro storico di Volterra che costruiva artigianalmente strumenti musicali. Quando mi accorsi di essere rimasta sola, me ne ritornai beatamente all'albergo ad aspettarli, mentre gli insegnanti, preoccupatissimi, avevano disseminato la classe a cercarmi. 

Adesso che ci penso, io mi perdevo spesso quando si andava da qualche parte con tante persone, o meglio, gli altri perdevano me, fin da piccolissima. Oggi che sono adulta, capisco perché mia madre mi raccomandava sempre di non giocare ed inseguire i piccioni delle piazze di Venezia. Nonostante fosse una specie di vigilessa con quattro figli, riusciva sempre a perdermi di vista: fra le corsie del supermercato, a Gardaland, al pic nic, alle fiere...

Io non riuscivo proprio a stare attenta a cosa facessero e dove andassero gli altri.

Credevo che essere distratti o meglio, menefreghisti, fosse un difetto, oggi, che lo sia o meno, so solo che non sento di dovermi giustificare a nessuno quando ho voglia di starmene per conto mio.
Ho imparato che qualsiasi cosa si faccia, qualunque persona si sia, c'è sempre qualcuno a cui piaccio o non piaccio: almeno se mi comporto in modo naturale, fatico di meno e piaccio anche a  me stessa.
E poi siamo nel 2015, se ci si perde, ci sono i cellulari per ritrovarsi.

Mi sembra facile vivere senza televisione, si possono comunque avere notizie da tutto il mondo tramite internet (sul telefono) senza dover dipendere dal telegiornale o quotidiani, e si possono pure scegliere gli argomenti e le fonti. Se mi interessa un film mi cerco il dvd e lo guardo dal pc. I programmi sono diventati degli show dove tutti gridano e litigano e sinceramente posso pure farne a meno. Non mi interessano più i telefilm o le storie a puntate, preferisco gestire i miei tempi seguendo le storie sui libri, senza la dipendenza di dover essere a casa ad una determinata ora o registrare una puntata per non perderla. Il libro invece posso portarlo con me e decidere io quando voglio o posso continuare a seguire "quello che succede". 
Guardavo solo i cartoni animati da bambina, tanti, tutti, perché erano un mondo innocente e mi piaceva ammirare i disegni dei giapponesi. Ora guardo solo qualche brutto cartone disegnato con il computer per fare compagnia alle nipotine, quando vado a trovarle a casa dei miei.

Non conosco le pubblicità e non so nulla di quello che succede sullo schermo. Esattamente come quando a scuola non avevo idea dei pettegolezzi in classe. Non mi sono mai sentita interessata e abbastanza "difesa" per partecipare e far entrare nel mio mondo questo aspetto competitivo della vita, perché per me stare al passo con tutto quello che mi succede attorno è molto impegnativo e bisogna essere un po' prevenuti per sopravvivere.

Per quanto riguarda la carne, non la mangio perché non mi piace. E' una cosa così semplice, tuttavia le persone mi guardano con compassione, come se rinunciassi a chissà quale piacere della vita, mentre io per educazione evito di spiattellare che quella cosa nel piatto mi fa schifo e mi fa venire in mente pezzi di cadaveri che dovrebbero essere putrefatti.

Avete presente quando da piccoli, la mamma ti obbligava a mangiare qualcosa e finchè non finivi non potevi alzarti? Nel mio piatto c'era sempre un pezzo di carne, non ricordo di aver mai faticato con la verdura o un piatto di pastasciutta. De gustibus!

Poi ci fu quella storiella che mi traumatizzò per anni e non mi facilitò a superare questo blocco.

Gli adulti spesso parlano fra di loro non dando molta importanza alla presenza dei bambini, credendo che non ascoltino o non capiscano, ma io ascoltavo e capivo benissimo, a modo mio.

Avevo forse sette, otto anni. Parlavano di una storia vera di attualità, accaduta in Cina: la storia di due fratelli che avevano un ristorante l'uno e una agenzia funebre l'altro. Venne fuori che, per risparmiare, il ristorante dava in pasto i cadaveri che finivano all'agenzia del fratello, all'insaputa dei clienti naturalmente, che diventavano senza saperlo dei cannibali.
Bene, io dopo quel racconto, non riuscii più ad ingoiare nessun pezzo di carne, sospettando che nel piatto ci fossero delle persone morte.

Crescendo, mi dissero che la carne contiene tante proteine e fa diventare alti, allora solo per quello mi sforzai di mangiarla, ma mi piacevano solo gli affettati e i pezzi impanati e fritti, oppure le polpette e gli hamburger con tanta salsa, che non avessero la forma del cadavere, tipo il pollo, che invece aveva fin troppo bene le sembianze di una gallina ghigliottinata. La bistecca non mi piaceva, le frattaglie non le ho mai neppure guardate.
Riuscivo a mangiare il pesce, se così si può chiamare, solo il tonno in scatola e i bastoncini impanati.
Tuttavia decisi di diventare vegetariana più volte in vita mia, per non uccidere animali e non mangiare della violenza, diventando sempre stanca e anemica.

La mia famiglia è tutta onnivora, vivere in casa con altre persone e non potendo decidere la spesa e il menù, significava per me mangiare solo i primi e la verdura. Solo quando ho iniziato a lavorare e a farmi la spesa, ho potuto seguire un regime senza carne e senza subirne le carenze, comprando e cucinandomi da sola i piatti completi. Sono vegetariana da quasi cinque anni e sto bene, anche se la gente mi guarda ancora e mi dice: "Non sai cosa ti perdi". Io sono ben contenta invece di "perdermi" una cosa che invece so benissimo cos'è.


Come facevano i ragazzini di una volta senza internet e cellulare? Io e la mia amica ci sentivano velocemente al telefono di casa, perché se la bolletta era alta, i nostri padri ci sgridavano, ci mettevamo d'accordo e poi ci trovavamo in centro a chiacchierare, davanti ad una cioccolata o distese sul prato del castello. 
Le ricerche scolastiche si facevano in biblioteca, c'erano gli amici di penna, quelli che mettevano inserzioni sui giornali indicando i gusti e cercando persone, amiche affini, per conversare, raccontare, parlare da lontano. Per avere notizie, si aspettavano anche quattro, dieci giorni il postino. 
Per cercare qualche negozio si usavano le pagine gialle e per farsi un pecorso stradale si consultavano le cartine. 
Per i timidi era sempre un ostacolo alzare la cornetta, affrontare la mamma o chi rispondesse al telefono per farsi passare l'interessato e parlargli. Meno male che hanno inventato gli sms e le e-mail. 

Non sono contro la tecnologia, anzi, a me il progresso piace, ma ricordo le ore passate a chattare in quei mesi in  cui da ventenne mi ero fatta prendere e, paragonate alle uscite goliardiche in compagnia sul lago, mi rendo conto che spesso si è soli in casa propria a mandare sms, non c'è più necessità di vedersi per dire le cose. Mi manca invece uscire per incontrarsi. 
Preferisco ridere, piangere, litigare o scherzare "in diretta", in compagnia, abbracciarsi, bere qualcosa insieme. Tanti hanno l'adsl e passano le serate a scaricare, fare i giochi on line e a chattare. Comunicano col mondo in pigiama e una birra solitaria. 
Io ho una casella di posta elettronica e i giga che servono al mese sul telefono, per leggere e rispondere ai messaggi di lavoro, seguire un po' il mondo, conversare con qualche amico e poco altro. Vi starete chiedendo come faccio a scrivere un blog senza poter navigare dal computer: ogni tanto uso il telefono come modem e aggiorno dal pc: ecco fatto.
Per questo ho scelto di non avere una vera connessione, preferisco stare fuori da questi meccanismi di surrogata conversazione, sentirmi libera di essere irraggiungibile quando ne ho voglia e non avere dipendenze.

Io preferisco il mondo semplice, osservare dove il vento porta le mie nuvolette.


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