Uno specchio, grande, di quelli luminosi che riflettono bene la luce del sole, da mettere sulla cassettiera, così potrò truccarmi in camera e vedere il mio viso, senza il rischio di rimanere bloccata fuori dal bagno ad aspettare che si liberi, specialmente quando ho fretta, per entrare a prepararmi, e nessuno potrà più lamentarsi delle matite e degli ombretti che lascio lì in giro.
Fra i regali che ho ricevuto al compleanno, c'è un bellissimo portatrucchi capiente, trasparente ed elegante,con tre grandi cassetti e gli scomparti per metterci i pennelli e le matite. Me l'hanno scelto mia madre e mia sorella, "Così riordini quell'angolino sottosopra che lasci sempre in bagno" mi dice la mamma. Mia sorella ne ha preso uno simile, più piccolo... perché costava troppo per lei, e l'ha sistemato nella sua nuova casetta.
"Ah sì" ho esclamato io "anch'io lo metterò nella mia nuova casetta". Beh, ma in attesa, intanto, lo sistemo qui. Bisogna vivere il presente. Mi piace riordinare le mie cose. Ma adesso ci vuole lo specchio, sì.
°°°
Ci sono cose, grandi e specialmente piccole, che si continuano a rimandare. Io ho sempre voluto questo specchio, non so perché non ne ho mai preso uno. Giro per i negozi e mi dimentico che ne voglio uno, non li guardo, come se, finché non me ne andrò via, "non me ne posso godere uno".
Poi arriva il portatrucchi, che senza specchio non ci può stare.
Beh, oggi che sono libera me lo prenderò. Accanto al mio portaorecchini starà d'incanto.
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Lunedì. Phan. Assente.
Martedì. Phan. Assente.
Mercoledì. Phan. Assente.
Giovedì. Phan. Assente.
Venerdì, Phan, assente non giustificata.
C'era qualcosa di più. Io ero nel mondo dei sogni, o a girovagare col viso per aria come ad assorbire tutto quello che c'era attorno a me. Troppe strette le catene delle quattro mura scolastiche.
Un'aula grigia, tante regole, tante pretese da me. Gli orari da rispettare, gli impegni da programmare. Nozioni e libri che non mi interessavano. Voci e chiacchiere non desiderate. Io volevo solo essere lasciata in pace, andar via, volare. Volare via da tutto e da tutti. Fare le cose come mi venivano al momento, senza filtri, senza finzioni. Fare quello che volevo. Sdraiarmi nell'erba, passeggiare in centro, curiosare attorno a me, correre. Essere me stessa, indisciplinata così, scanzonata e menefreghista così. Vestirmi come ne avevo voglia. Bizzarra ed indecente così.
E va bene, pure ignorante e senza un mestiere così. Tanto la testa è mia. Se rimane vuota è comunque mia.
Mi dicevano che senza un diploma serio e una professione seria non avrei fatto nulla nella mia vita. Che lavoro avrei fatto? Come avrei fatto a mantenermi da vivere?
Boh, a me andava bene anche di essere squattrinata. Così nessuno mi rapisce, nessuno mi ricatta, nessuno può rubarmi niente.
Io anelavo l'aria, il respiro, la corsa incontro alla vita, io volevo VIVERE.
°°°
Quando dal buio liquido e caldo, rassicurante io esco fuori, e vedo la luce, sento freddo e sono indifesa. Inizio a piangere. Inizia la vita. Ora vedo tutte quelle cose che prima udivo solamente. Ora tutto ha un'identità. Forse non avrei voluto conoscere però.
Così si inizia a vivere: cercando l'aria e piangendo, e nonostante tutto.
°°°
Nonostante tutto.
Eccomi.
Qui.
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