giovedì 15 settembre 2022

B. in Bb

Tempo fa cominciai una serie di post in cui raccontavo gli imprevisti e le corse rocambolesche che succedevano dietro le quinte, prima di uno spettacolo o un concerto. 

Non mi ricordo esattamente quali episodi raccontai. 
Mi ricordo di quella volta in cui, sulla strada per un matrimonio, cercai sul navigatore un negozio di musica d'urgenza per comprare un leggìo che avevo scordato di portare. 

Un'altra volta, sempre ad un matrimonio, ma questa volta ero già sul posto, mi accorsi di non avere collarini o imbragature per reggere il sax, così mi arrangiai con un pezzo di vestito che indossavo e creai una sorta di reggi-sax rosa, coordinato con l'abito. 

Un'altra volta mi si crepò il clarinetto e non avendone altri all'epoca, feci tutto il concerto col sax soprano, andando di corsa a casa a prenderlo. 

 "B. in Bb" sta per: "Bidoni in si bemolle" e oggi voglio raccontare due episodi di colleghi musicisti con strumenti in si bemolle che bidonano all'ultimo minuto, costringendo me a rimediare la loro assenza. 

Una è proprio fresca perchè è successa domenica scorsa. Questo concerto è stato un esperimento per vedere se riuscivo a conciliare la vita musicale con quella nuova privata, perciò avevo accettato perchè richiedeva solo due prove, era un impegno "una tantum" e il concerto e le prove si facevano a due chilometri da casa mia. Insomma ritenevo che fosse una occasione "rilassante" e non stressante. 

Era una formazione di insegnanti di musica, una sorta di orchestra con prevalenza di fiati. La sezione di sax era composta da noi quattro: alto 1, alto 2, tenore e baritono. Io avevo la parte dell'alto 2. 
Tutto ok fino al giorno del concerto, fino alle 18:30, all'ultima (e terza) prova prima del concerto delle 21:30. Dopo giorni passati a studiarmi le parti solistiche, il direttore mi si avvicinò e chiese: 
 - Thasala, tu hai anche il sax tenore? 
- Sì. Perchè? 
- Puoi fare il tenore stasera? Ha mandato un messaggio adesso per dire che non può venire. 
- ... ma io non ho mai fatto le prove col tenore. 

Però sapevo da sola che come impasto sonoro era necessario il registro grave del tenore. Bisognava sacrificare un secondo contralto, piuttosto. 

- Devo andare a casa a prenderlo e poi tornare... hai le parti? - chiesi. 

Non le aveva stampate, la cartella l'aveva portata via con sè il ragazzo del tenore.

Volai a casa per prendere lo strumento. Non avrei fatto in tempo a stamparmi le parti nuove e mi scaricai tutti gli spartiti sul tablet: avrei fatto il concerto leggendo in digitale. 

Per riuscire a fare tutto però, compreso dare una lettura rapida alle parti, occuparmi della famiglia, cenare, cambiarmi e prepararmi, saltai l'ultima prova e tornai direttamente la sera, suonando il concerto quasi a prima vista. 

Il primo contralto, a sua volta, si ritrovò a suonare sia la sua parte che quelle solistiche del secondo, e alla fine... arrivammo a fine concerto e tutto andò bene. Come sempre. 
 
Però che corse e che adrenalina... ed io che avevo preso l'impegno perché era "easy"! 

Il secondo episodio di "B. in Bb" è successo anni e anni fa e non mi ricordo più esattamente chi fu a bidonare all'ultimo: se era un clarinetto o una tromba o un sax tenore. 

Mi ricordo che era in si bemolle perché io avevo il contralto e tenevo sul leggìo sia la mia voce che i temi in un'altra tonalità, e leggevo un po' qua e un po' là, trasportando in un'altra chiave ogni volta che sostituivo la voce mancante. 
Era una favola musicale e gli strumenti dialogavano fra di loro, era un po' strano "parlare", "chiedere" e "rispondermi" da sola con un unico timbro, ma il pubblico era contento e non si accorse di nulla.

Alla fine... arrivammo a fine concerto e tutto andò bene. Come sempre. 

Questa parentesi con l'orchestra per ora è terminata.
Ho in ballo nuovi progetti con MeDea e con Eritha e questa volta si gioca praticamente "in famiglia", nessun Bb potrà bidonare... perché non ce ne saranno! Non vedo l'ora di poterne parlare. Lascio qualche foto del concerto di domenica.

domenica 11 luglio 2021

Il gabbiano

 

Calava ogni sera il sole dentro il mare, le ultime luci di un giorno andato e tu volavi in alto lassù. La mia inquietudine e il mio cuore dentro di te che al mio posto poteva librarsi nell'aria e gridare il fischio soffocato in gola.

Sono sempre stata te, animo zingaro. 



... nessuna catena.

... nessuna regola.

... nessun vincolo.


Nata libera.




Cosa mi tiene quaggiù, lontana dal mio cielo e dal mio mare?

Cosa mi tiene qua dentro, lontana dal mio mare e dal vento fresco di settembre, dalle mie onde selvagge e dalle spiagge libere?


Solo un amore. 

Ed è tutto.



Un passerotto che ogni mattino si posa su di un ramo alle prime luci dell'alba. Non sono un usignolo, ma il mio cuore zingaro brama così tanto dal desiderio di essere educato e domato. E di vivere come tutti gli altri.


***


Ci sono orme sulla spiaggia.

Orme piccole e grandi.

Orme di cani.

Conchiglie e dettriti riportati dalle onde. Oceano cancella i segni sulla spiaggia.


Ci sono le mie orme.

Avanzo verso il mare al tramonto per salutare il mio gabbiano.

Passano gli anni e lui è sempre in alto.

Maestoso. Indomabile. Libero.


Ciao amico.

Tornerò ancora.

 C'è un ramo di fiori e di foglie,

Di neve e di gemme mi aspetta ogni giorno.

Tornerò. 

Perchè io appartengo a questi luoghi.


Mi volto.


Le onde del mare... cancellano il mio passaggio.



Un viaggio di speranze









lunedì 24 maggio 2021

Fine!

Tre anni fa scrivevo della mia prima volta come professoressa in una commissione per gli esame di ammissione (qui). Oggi, tre anni dopo, quei ragazzini che, emozionati, si presentarono per essere ammessi, hanno sostenuto gli esami finali per uscire dalla scuola media ad indirizzo musicale. È stata anche questa una bella esperienza, come un ciclo che si chiude anche per noi insegnanti che li abbiamo formati, seguiti, visti  crescere... anche negli anni del covid!  L'anno prossimo andranno alle scuole superiori, qualcuno proseguirà con la musica, altri studieranno diversi percorsi ma continueranno a suonare. Ho voluto immortalare, questa volta, una foto anche con qualcuno di loro.
Ed eccoci qua, 24 maggio 2021, insegnanti e allievi negli ultimi istanti passati assieme, peccato che non eravamo qui tutti, in bocca al lupo ragazzi! 
 




giovedì 3 settembre 2020

Nuove passioni


Ecco qui la mia nuova conquista musicale estiva di quest'anno, sono davvero fiera di me stessa!



martedì 17 dicembre 2019

#12

Si dice che il principe avesse tutto, ma che non si sentisse mai felice. Aveva potere, ricchezza, giovinezza, salute, cultura. Chiunque in quel reame viveva per renderlo felice, ma lui, non era felice.


(La ricerca della felicità)


Si nasce, si vive, si muore. In mezzo c'è solo una parentesi. 
Conobbe un malato, poi un povero, poi un anziano, non ricordo l'ordine preciso, forse erano tutti la stessa persona, ma la cosa non cambiava: pure lui si sarebbe ammalato e poi morto, prima o poi. Anche se al momento era giovane, ricco, sano e potente. Cambiava solo quella parentesi.


(La ricerca delle risposte)


Lasciare tutto per cercare risposte. A me è stato detto che è inutile cercare risposte all'esterno, ma siccome non le ho mai avute, mi va bene tutto. Lui così fece. Imparò che non è privandosi di tutto che si è felici, che doveva mangiare, qualcuno glielo fece capire o disse.


(Un vuoto di apprendimento)


Ho tante lacune nella mia sapienza e non mi sono mai impegnata a scendere più nel profondo, non nelle direzioni lacunose. Non ricordo. Non so. Vivo in balia dei venti, che soffiano dove decidono loro e a volte si scontrano. Non mi rimane che mettermi in salvo, quando succede.
Anche se mi sono sempre sforzata di seguire il dogma, non penso di aver appreso un granchè.



(La luce)



Alla fine di tutto (ma non durò così poco, ci hanno fatto libri e film su questa storia), raggiunse la pace interiore. La raggiunse quando accettò il fluire della vita e delle correnti. Senza più lottare per controllare gli eventi e le persone, perché la normalità è che non possiamo e non abbiamo il diritto di controllare nessuno.
La dottrina più difficile della mia vita.



(Correnti)



Si dice che nulla succeda per caso. Sarebbe bello se per caso la luce bianca di fluida corrente fluisse e fluendo si accendesse e scaldasse sempre di più. Luce di luce.



 LUCE DI LUCE
 LUCE DI LUCE 
LUCE DI LUCE 
LUCE DI LUCE 
LUCE DI LUCE
LUCE DI LUCE  
LUCE DI LUCE 
  LUCE DI LUCE 
  LUCE DI LUCE





Che meravigliosa sensazione.


lunedì 16 dicembre 2019

#11








Un' alba
Un nuovo risveglio

Fu bello
Anche dopo tutto

In quell'alba
Bianca

Ignara

In quel silenzio
Da una finestra




E salutò 
Le persone
Che ci furono

Ma poi.

Ci fu il fuori

domenica 15 dicembre 2019

#10 Fiordi

Bimba con le treccine
Cammina fra i fiordi
Mare selvaggio
In tempesta
Espressione libera

Attraversa le strade
La gente
Quella rimasta
Nei villaggi disabitati

Fiordi del nord
Vento amico

In tutt'uno

Io ero

Oggi
Ora

sabato 14 dicembre 2019

#9

 
Suoni anziché parole
Note anziché lettere dell'alfabeto
 
Come meglio riesco a fare
 
 
 
 
Ma
 
chissà se mi senti
 
 
 
 

venerdì 18 ottobre 2019

#8


Pur your hands up (R. Sakamoto)
Piano performed by Thasala


domenica 13 ottobre 2019

Io e gli altri

Non ho, attualmente, altre date musicali. Ma ve bene così, dopo l'impegno di ieri sera mi riposo fino ai concerti di Natale, a meno che non spunti qualche richiesta per Halloween.
Sinceramente l'idea di una certa tranquillità emotiva per un paio di mesi mi alletta assai, perché suonare e fare spettacoli e concerti mi piace, ma è una situazione adrenalinica che mi fa sentire viva e sempre sul pezzo, e dopo un po' necessito di annoiarmi in minima dose per avere voglia di tornare in forma.

Sono soddisfatta delle ultime collaborazioni, mi piacciono le sfide e le novità e quest'anno artisticamente ne ho avute a sufficienza. La prima novità era stata a febbraio con Edo, il dj.



Essendo la prima volta che dovevo improvvisare per tutta la serata in un dj set, ero talmente nervosa da prendere pastiglie per il mal di testa dal giorno prima. L'ansia da prestazione non era causata dal dover suonare per tutto il tempo senza leggere, ma il non sapere neanche che canzoni sarebbero passate e trovare la tonalità dei brani sul momento. Ma tutto è andato bene, il pubblico mi ha fatto diversi compimenti, il dj mi ha poi ricontattata per fare un altro dj set insieme, per cui deduco di essere stata capace di sostenere il nuovo ruolo. Mi piace questo modo moderno di fare musica!

***

Qualche settimana dopo sono stata contattata per l'altra novità: la band capitanata da un originale irlandese!


Devo ammettere di aver risposto solo perché ero incuriosita di conoscere un irlandese in Italia. Sono stata anni fa in Irlanda, ho attraversato il paese da Dublino fino alla costa ovest viaggiando a sinistra, passando per le distese di erba spugnosa, piene di pecorelle e le nuvole basse, adoro e suono il Tin Whistle ma un irlandese in Italia non l'avevo ancora visto, ero curiosa di sentirlo parlare. Con questo gruppo ho fatto per la prima volta musica per il dopo cena ai matrimoni. 



Io ai matrimoni ho sempre suonato solo per le cerimonie e per gli aperitivi, durante il ricevimento, così ho voluto anche provare qualcosa che non avevo mai fatto.

Devo dire che è molto più faticoso perché suonare in quattro richiede un maggior numero di prove, bisogna andare sul posto per il check sound molte ore prima, caricare e scaricare la strumentazione e poi sparire prima che arrivino gli sposi, il che significa anche partire alle dieci e mezza del mattino per iniziare a suonare alle dieci di sera. Dopo di che, smontare e caricare tutto. 
Quando faccio gli aperitivi da sola, invece, non devo fissare date per provare con nessuno, arrivo in location un'oretta prima, scarico solo un amplificatore, un leggìo, il sax, il tablet per le basi, qualche cavo e gli spartiti .

Però è stato divertente, anche la parte in cui abbiamo girovagato al pomeriggio per ammazzare il tempo. Viaggiare insieme e condividere l'ansia è un modo diverso di vivere come musicista. A volte mi sento un po' stanca di guidare e suonare in solitaria anche se i guadagni sono superiori, non dovendo poi dividere il compenso, ma, purtroppo, neanche le chiacchiere, gli scherzi, i kilometri e il momento conviviale della cena con nessuno.

***

"Time For Us" è stata una novità come evento, non come modo di suonare. Un evento mondiale direi. Volevamo superare il record di concerto con maggior numero di musicisti sul palco e l'abbiamo raggiunto, il 2 giugno 2019 piazza Vittoria era gremita di centinaia di musicisti, abbiamo dovuto firmare su di un registro tenuto da un notaio che lo ha poi archiviato in comune e l'idea di rimanere nella storia, assieme agli altri, per essere entrata in un Guinness dei primati è qualcosa di... strano e particolare...




Tanti articoli ne hanno parlato per giorni interi. Questi di seguito sono solo alcuni. "Time for us" è stato l'evento dell'anno.



***

Concludo con lo spettacolo di ieri, che chiude, in un certo senso, una stagione. Io in teatro ci ho già lavorato ma dopo tanti anni è sempre emozionante, perché non è come fare un "semplice" concerto: si entra in un tutt'uno con la recita, la scenografia, i costumi, le luci... il teatro! Il dietro le quinte con gli attori è completamente diverso. Adoro lavorare con gli attori e i registi!


PRIMA DELLO SPETTACOLO






DURANTE LO SPETTACOLO



FINALE E APPLAUSI!




***

Anche se ho scritto questo post per parlare delle novità, non voglio dimenticare le vecchie e sempre presenti collaborazioni, perché per me non sono solo soci: sono amici. Un saluto al fisarmonicista Gigi Rizzo del duo "Les nuages", al chitarrista Tobia Verasi del "Jazz anonimo duo" e alla mia amica, pianista, confidente, consigliera, avvocato e compagna di avventure di sempre Erica Guastoldi di "Eritha"!






Oltre ad orchestre e bande e varie che adesso non ricordo e che ogni tanto si rifanno vive per nuove condivisioni. Come gli attori siamo... loro recitano per un certo periodo in un film, si perdono di vista e poi si ritrovano in altri ruoli per altre storie, noi musicisti ci incrociamo, suoniamo per qualche concerto, poi lavoriamo con altri, poi ci ritroviamo in altre formazioni, in altri contesti. E' una vita piena di creatività e bellissimi momenti. 


E' tempo di pausa, ma ci rivedremo presto nella sezione "Eventi"!


martedì 20 agosto 2019

Memory (Departures)

Mentre la mia socia MeDea è in riva al mare a finire il copione, io me ne sto con le istruzioni da lei lasciate sulle musiche da preparare: il mio compito è cercare le melodie adatte che dovrò poi suonare per le scene da lei segnalate. Devo proporne un po' per ogni immagine, perché finché non vedrò in azione sul palco la recita, neanche io ho chiara l'atmosfera che si intende creare, ma c'è un brano che vorrei proprio tanto eseguire.
"Memory" è la colonna sonora composta da Joe Hisaishi, un autore giapponese che ho scoperto guardando un struggente e profondo film: "Departures". Questa musica viene eseguita al violoncello e sono anni, da quando è uscito il film, che ricordo le note con ardore,  malinconia e dolorosa dolcezza.
Ho costretto anche il duo Eritha ad inserire la melodia nel repertorio, nella formazione pianoforte e clarinetto, che gli dà quel sapore "legnoso" e classico suonato sulle note gravi, ma in questo lavoro teatrale mi piacerebbe eseguirla da sola col sax tenore, avrei la stessa profondità del violoncello e il vibrato di un aerofono. 

Sentite che bella:



Se vi capita guardate anche il film, ho pianto tantissimo alla fine ma è di una bellezza e profondità che rimane nel tempo.
Credo che la trama possa toccare ognuno di noi.

mercoledì 14 agosto 2019

"Non sono Marco Paolini"

Era da un po' di tempo che le MeDea non collaboravano a qualche spettacolo. Ve le ricordate?




Segnatevi la data del 12 ottobre perché è in arrivo un nuovissimo spettacolo teatrale.

Il copione è da rifinire, le musiche sono in lavorazione, dobbiamo scegliere gli abiti...


- Duo MeDea: un'attrice, una musicista -
in:
"Non sono Marco Paolini"




Rimanete sintonizzati!


mercoledì 29 maggio 2019

Domenica 9 giugno 2019



Il duo Les nuages sarà presente anche quest'anno presso le cantine Gatta.

Musica francese e altro.
Thasala Phan: clarinetto
Gigi Rizzo: fisarmonica





martedì 28 maggio 2019

- Jazz Anonimo duo -

Da oggi, io e il chitarrista con cui collaboro da più di dieci anni, abbiamo un nome. L'abbiamo deciso in tre secondi perché ne serviva uno per la locandina del prossimo concerto, e volevano la risposta prima di subito. La cosa strana è che in oltre dieci anni, abbiamo suonato in diversi eventi e spettacoli e nessuno ci ha mai chiesto come ci chiamassimo. Eravamo segnati come "duo sax e chitarra", senza storie e senza glorie. Senza pretese.
Ma da oggi saremo i: Jazz Anonimo duo, tanto per rimanere coerenti.
Scegliere un nome è per me sempre la cosa più difficile e marginale, per questo non ci era venuto nulla di meglio che battezzarci: "Sunny Day" nel periodo in cui suonavamo musica folk e/o irlandese col violinista. Magari il nome non era un granché, ma, comunque, è sempre meglio un sunny day di un gloomy day!




In attesa che esca la locandina che ci ha costretti ad avere un'identità, vi segnalo la data, che sarà mercoledì sera, 24 luglio in provincia di Brescia.

Sono proprio contenta di non essere più anonima!
(Si fa per dire...)



mercoledì 24 aprile 2019

# 6 Viaggi

Le cose antiche e riparate con l'oro. Contenitori di segreti e di esperienze silenziose. Non fanno rumore perché parlano senza dire nulla. 
Dentro c'è un cuore pulsante con i ricordi di epoche lontane che guardano ad un curioso, ignoto futuro. 
Senza più opporsi, senza più interferire. Nella resa dei conti a braccia aperte grida al vento: "Quello che arriva, arriva!" E tutto arriva, anche ciò che si era sepolto, anche ciò che non si credeva di essere in grado di affrontare e meritare.
Soffia calore in una miriade di cristalli sonori con piani e regole da comprendere, forse, alla fine del percorso.
Sarà ancora così mille volte e mille volte per disegnare nuove vie di giallo abbagliante.

Non so se saprò scrivere, ancora non riesco a delinearne i contorni mutanti dell'onirico.

domenica 17 febbraio 2019

domenica 3 febbraio 2019

#4

Un anno e tre giorni.
Mi ricordo che non c'era corrente, ma io avevo la luce negli occhi, non c'era acqua, ma sentivo scorrere torrenti di emozioni nel cuore. Non c'era ancora nulla, stava tutto ancora nella mia febbrile testa, ansiosa di colorare, di scegliere e progettare, di decidere.

Avevo fame di vita.

Ogni giorno di corsa in mezzo a tre, quattro o cinque lavori. Le giornate piene e dovevo metterci anche dentro questa, ma non mi importava, avevo tanti amici e tanta forza. Piuttosto non dormivo.

Tanti amici. Non li sento quasi mai, ma nei momenti del bisogno accorrono sempre.

La prima notte, ne ho ancora la foto, una sensazione davvero bella. Bellissima.

Fuori freddo, dentro caldo.

Mi sentivo libera.

Senti i suoni dei passi. Giri la chiave. Uno, due, tre. Entri nel tuo mondo. Chiudi le voci degli sconosciuti dietro alle tue spalle. Chiudi a chiave. Ti spogli e assapori la libertà. Sei te stessa in ogni centimetro.

La cosa più bella della vita è vivere potendo essere completamente sé stessi. Essere liberi da catene, paure, pregiudizi, diffidenze e timori. É questa la mia vita.


Chiudi la porta e assapora questa immensa ricchezza che ti porti nel cuore.

La ricchezza della libertà nel cuore.
Nessuna paura é insuperabile.




venerdì 11 gennaio 2019

#3

Raperonzola Raperonzola
sulla torre sola dondola
Un due tre, un due tre
Vi racconto il perché.

Si domanda: "Ma come farà!
se il principe le chiavi non le ha?"
Lei non ha i capelli belli
biondi ricci e un po' ribelli.

É una fiaba assai moderna
scandalosa, intrigante e fraterna.

Senza chiavi, senza trecce
non si risolve facendo a frecce
Ma un'idea dal suo comó
secondo cassetto a destra, le balenó.

Annodando le stoffe colorate
seta, cotone, farfalle, fiori e fate
Trasparenze, pizzi e mucchette
"Splendida idea!" lei riflettette.

Così annodando fino a formare
una treccia di colori da annodare
Dalla sua torre non cala i capelli
ma i tessuti dal comó monelli.

Per fuggire non prende una valigia,
bastan quelle di seta grigia
E così che la fiaba finisce
con tanti colori, ranocchi e strisce.

Non servon chiavi per salvar la principessa
che negli eventi diventa poetessa
Lei ostacoli non ha
Si affaccia alla finestra e ammiccando lo sa.


giovedì 3 gennaio 2019

#2

A volte, quel grigio-rosa antico che lenisce il momento, é una dolce illusione che non riesce a decidere che colore diventare.

Sei come una crisalide, protettA e soffocata al calduccio del tuo bozzolo.
Soffri di vertigini. Come farai a gestire le tue ali?

A volte, il vaso di Pandora é una pentola a pressione e parla quando viene chiusa, non quando viene aperta.

Sei come una crisalide, protettO e soffocato al calduccio del tuo bozzolo.
Soffri di vertigini.
Come farai a gestire le tue ali?

mercoledì 2 gennaio 2019

Blog 2019 #1

A Fog City ci si annoiava, le distese bianche di brina e sporche di fango avvolgevano gli orizzonti, quando la nebbia lo permetteva. Certo che eravamo in tanti, ma gli anni di differenza fra me e i miei fratelli mi facevano sentire più sola ed "in fila di attesa" che in compagnia. Non c'era molto da fare e i compiti a scuola evitavo allegramente di farli: fu in quel periodo della mia vita che i pensieri, le fantasie e le emozioni iniziarono ad incanalarsi nei linguaggi più facili ed immediati per me: la scrittura e la musica. Leggevo così tanto da ritrovarmi a chiedere al bibliotecario del paese quando sarebbero arrivati dei nuovi libri da leggere.

Nessuno mi ascoltava veramente e mi andava bene così: scrivevo su piccoli diari storie e racconti per le mie amiche immaginarie. Scrivevo nei temi a scuola e le amiche normali cominciarono ad accorgersi della mia presenza, a girarsi verso di me quando i grandi li leggevano in classe, ad incuriosirsi di argomenti nuovi durante la ricreazione. Le maestre si domandarono fra di loro come una bambina di madrelingua differente scrivesse quelle cose in italiano, come se i bambini non riflettessero e non fossero abbastanza svegli da imparare ciò che i grandi faticano a raggiungere. Scrissi poi per dei concorsi e i miei testi di tintinnii e folletti vennero scelti, ricordo che più gente cominciò a girarsi e ad ascoltarmi e... no, non era un'italiana a essere scelta per un testo in italiano.

Il problema era che le persone si accorgevano troppo di me, e ciò mi infastidiva. Era la mia anima ad essere muta, non la mia presenza. Ero sempre al centro dell'attenzione per il mio nome e per i miei occhi, per questo volevo essere invisibile e protagonista in altre cose.
Un controsenso. Una complessità. Una nebbia fitta in cui cercare, per non perdersi e cadere nel fosso, come accadeva nella stagione del letargo a Fog City.

Quando scrivevo non ero più sola.
La gente diceva: "Io quando sto giù guardo un film e sto meglio", io invece pensavo al disordine dei pensieri e al mio bisogno di riordinarli, di vederli, di scrivere.
La gente diceva: "Io quando ho pensieri, corro e poi sto meglio", io vedevo in loro il freddo e il sonno del mattino e/o la fatica del sudore e pensavo che l'unico modo che avevo per rendermi conto della presenza di quei confusi sussurri fosse di ascoltarli, per trovare a ciascuno un nome e tradurli su carta, non di correre.
La gente beveva e faceva casino per dimenticare. Io facevo casino ma poi mi isolavo nel mio mondo per dimenticare, e per non dimenticarlo poi lo fissavo su carta.

Poi ci furono le lettere e le corripondenze. Non ero brava a parlare, ero timida ed insicura, ma nelle lettere ero divertente e interessante. Erano gli amici del mare, gli amici distanti un anno da rivedere l'estate successiva. Quando tornavo come sconosciuta bipolare.

A scuola i miei temi venivano sempre scelti per la loro originalità e profondità e io mi distanziavo regolarmente dalle mie creature, come se la realtà fosse una cosa e il momento della scrittura un'altra. 
Loro nascevano, vivevano di vita propria e se ne andavano chissà dove. Come le lettere, come i miei diari, come i miei scritti per i concorsi.

Si verificò lo spacco.

Il corpo da una parte e l'anima dall'altra. Come se chi scrivesse non sono io, non mi ci riconosco e non è da attribuire a me. Non ho mai capito del tutto questo ricercare risposte nei miei scritti: come si fa a capire una persona quando neanche questa si capisce? Ognuno dovrebbe capire sè stesso. Io lo faccio qui senza disturbare nessuno, perché voi non fate altrettanto a casa vostra, con i vostri mezzi?

Non vi succede mai di scrivere e di non ricordare come avete fatto? A me sì. Non so se sia una cosa comune però.

Gli attori quando vivono un personaggio, stanno male, gioiscono, soffrono e muoiono... come fanno poi quando ritornano nel loro corpo e abbandonano il veicolo? Come fanno quando rivedono il loro personaggio vivere di vita propria su uno schermo?

Io per esempio, quando suono un brano triste e struggente mi sento triste e cado nello sconforto. Quando passo ad un minuetto danzo con il cuore assieme al brano. Così che tolgo ed indosso le emozioni seguendo gli ordini del compositore, del direttore, del pubblico...



A scuola scelsi l'arte e la moda. Dopo la scuola vinsi un concorso e al tempo, davanti al bivio: "Scendo a Roma per lavorare sulla collezione e far sfilare i miei primi capi come stilista emergente o rimango qui e vado avanti con la musica?" scelsi la musica.

La musica era l'ordine, quello che mi riportava alla disciplina quotidiana, l'impegno, la profondità, la condivisione e il confronto. La musica era interpretazione di grandi opere di geni vissuti prima di me. Era anche la voce di antichità, il rumore che non potevo esprimere. Nel mio turbamento avevo bisogno di riferimenti. Tanti musicisti famosi sono anche scienzati e matematici, forse perché la tecnica e il ritmo necessitano di razionalità e io volevo razionalizzarmi.
La tecnica era ed è una sfida continua, è la soddisfazione dei miglioramenti, del superamento di ostacoli.
Chissà che un giorno non sia io a scrivere qualche musica?

La moda al contrario era la creatività, il successo, la parte frivola, la vanità, il mio compiacimento, il disobbedire le regole, la modernità, la psicologia che fa l'abito. Era anche la mia espressione più facile e primitiva: da piccola ho cominciato a rappresentare il mondo dapprima attraverso le immagini con i manga e figurini di moda, poi attraverso il sonoro con la musica. Più tardi con le parole. Ma per me il visivo è sempre stato imprescindibile dall'estetica e la matita la prendevo in mano per vestire bene le persone, per scimmiottare mio padre quando progettava le case e le arredava, per abbellire il brutto e colorare il triste.
Quando vedo una donna trascurata, in automatico la visualizzo nella mia mente con dei capelli diversi, con un trucco adeguato e con abiti che la valorizzino, come se la mia mente non smettesse di "aggiustare", come ai tempi della scuola. Quando vedo accostamenti di colori non armoniosi mi sento turbata. Ciò che vedo influenza l'armonia stessa dei miei sensi. 

La scrittura univa le due cose e rappresentava l'unico altro mio interesse per cui avessi voglia di approfondire e migliorare.
Nella scrittura bisogna rispettare delle regole e al contempo creare. Si parla di sè stessi e si inventa. Si descrivono veri e propri mondi paralleli, si spazia, si diventa qualcun altro, si ritorna sè stessi, si riordina e si scompiglia. Si cambiano i nomi, si chiamano le cose per come sono, si ricorda e si progetta, in un  meraviglioso gioco di futuro, passato, presente, finzione e realtà.

Ho bisogno di scrivere a briglia sciolta.

Un mio ex mi propose di pubblicare i nostri racconti su un precedente blog ed ero entusiasta di questa iniziativa. Quando fra di noi finì portai i miei post qui. Quando anche MySpace chiuse la piattaforma senza avvisare nessuno e cancellò il mio blog personale lo portai qui. Quando, invecchiando cominciai pian piano ad avere meno scontri fra le personalità e a riunirle in un unica testa, anche il mio sito lo portai qui. 
Perchè in fin dei conti, "la saxofonista", la "stilista", la "profe", la "vicina di casa", la "cliente", la "amica", la "collega", la "figlia", la "sorella"... si chiamano tutte allo stesso modo.

Sono sempre io. La psicologa dei miei ventitrè anni mi disse appunto che, il mio successo non era di rinnegare qualche parte di me, per quanto differente, ma di creare dei ponti per collegare le isole, di imparare ad usarli e di godermi la mia vita con questa nuova capacità e libertà di andare da una parte all'altra a mio piacimento.
Quindi perché avere tanti blog? Uno per ogni mio carattere? Questo è il mio meraviglioso ponte che collega le diverse isole e questo è il mio zibaldone confusionario, di cui non devo rendere conto di ciò che la gente capisce e vuole sentirsi dire o capire.

E' la mia terapia che mi accompagnerà per tutta la vita, scrivere e lasciare andare dove vogliono i miei scritti.
La medicina prescritta dal mio dottore della mente.
Come quando da piccola cominciai a crescere e a migliorare l'autostima scrivendo. 
Scrivendo, scrivendo.

2019.

Ciò che fa stare bene ME.


lunedì 1 ottobre 2018

1° Festa della musica, Brescia

Mi piace molto navigare e trovare in rete fotografie e video e riconoscermi, come questo pubblicato tempo fa da un certo signor Domenico Ventura sul suo canale YouTube.



Mi ricorda quella bellissima giornata serena e di sole che cominciò con la musica assieme alla Busker Band del mio amico Doriano, in piazza Vittoria, per poi proseguire con l'orchestra classica in piazza Bruno Boni; quell'anno mandammo in scena la "Carmen" di Bizet, questa fu una replica e mi vestii comoda per la lunga giornata girovaga, ma per le altre esibizioni avevo un magnifico costume da damigella spagnola, lungo fino ai piedi, rosso e con i pizzi neri e le rose rosse. Ho ancora le foto e il costume e spero tanto un giorno di poterlo indossare di nuovo per qualche altro spettacolo.


Dopo pranzo proseguii con il mio trio francese "Les Nuages". Suonammo prevalentemente canzoni di Delicq e di Yann Tiersen. Gigi, il fisarmonicista, fu un fantastico animale da palcoscenico, intrattenendo e parlando col pubblico che si accalcava curiosa sotto la scalinata del Teatro Grande. Fu per merito suo se avemmo tanto seguito, io non sono brava a parlare e ad intrattenere il pubblico, a lui invece piace e ci è portato.

La registrazione qui sotto non è il massimo: la scena fu ripresa con un telefonino e all'aperto, ma quello che mi rende felice è il ricordo di quel giorno, perciò sono lieta di averne comunque recuperato del materiale.





Dopo la Busker, la Spagna e la Francia, ci esibimmo col quartetto: "Phan 4 fun" sulle metropolitane: fu difficilissimo rimanere in equilibrio mentre viaggiavamo e fu emozionante quando, scendendo per cambiare corsa, si misero tutti al finestrino urlando e battendo contro i vetri per salutarci e ringraziarci.







A proposito di quest'ultimo video: "Take Five", mi ricorda un aneddotto simpatico.
Un giorno un mio allievo mi disse, tutto entusiasta, che aveva trovato un video che gli era piaciuto un sacco, in cui dei ragazzi suonavano "Take Five" sulla metropolitana. Io pensai con un sorriso: "Anche noi l'abbiamo fatto".
Mi mostrò il video dal suo smartphone ed io esclamai: "Ma siamo noi!".
Beh, certo, non mi si vedeva, per tutto il tempo me ne stavo seduta nascosta dalla schiena del baritonista, ma se aguzzate bene gli occhi noterete che i saxofonisti sono quattro e non tre, e che si intravede un piedino che batte il tempo!

Mi dispiace non avere trovato nulla sull'esibizione di quella sera, quella con i fuochi e le acrobazie dei giocolieri. Non ho neppure una foto.

Quel giorno rappresentò anche il mio record di cambi di strumento: succede che negli spettacoli io debba cambiarne due o tre, ma mai quattro! Iniziai a suonare con la Busker e con l'orchestra il sax soprano, poi passai al clarinetto con il trio francese, sulla metropolitana invece suonai il sax contralto e la sera il sax tenore. Non faticai a trasportarli perché si prese tutto il carico il saxofonista rosso... perciò potei passeggiare e saltellare felice per le strade del centro, ascoltando e godendo anche della musica degli altri artisti.

L'unico momento di riposo fu il pranzo alternativo, noi assieme, offerto dall'associazione, all'ombra dei divani e dei tavolini del Caffè letterario, dove ci rigenerammo e poi la sera, che ci consentì un'ora di tempo per una doccia e cambio d'abito lampo.

Ecco... fare musica, fare spettacolo, fare arte, significa anche questo: una condivisione di momenti significativi assieme a persone che viaggiano col cuore e con la testa sulla stessa lunghezza d'onda.
Quello che vede e ascolta il fruitore, non è solo qualcosa di bello o di brutto, di riuscito o non apprezzato: dietro il prodotto si rivelano storie di ore di prove, studi, chiacchiere, risate, uscite, ansie, progetti, organizzazioni e soddisfazioni, a volte pure litigi ed incomprensioni che si risolvono poi sul palco.

Quando mi sento triste o cerco un senso alle mie giornate, penso che la terapia per me è qualche nuovo progetto o spettacolo artistico da preparare. Penso ai brani nuovi da cercare, trascrivere, arrangiare, studiare. Costumi, maschere, parrucche e trucchi da progettare ed organizzare.

Lancio un appello in particolare per farmi reindossare questo vestito...




O questo rosa che mi piace tanto, tantissimo e non lo posso mettere per andare ad insegnare:




Anche fare la strega e suonare: "Profondo rosso", come ho fatto per lo spettacolo di Halloween delle MeDea mi piacerebbe, possibile che si possa fare la strega solo ad ottobre? Io vorrei travestirmi così tutto l'anno!