- Sono belle queste giornate, mi piacerebbe vivere in un posto in cui faccia caldo tutto l'anno - dico a mia madre, in un giorno di dicembre mentre pranziamo assieme e dalle finestre filtra un allegro sole anomalo.
- Mah! Guarda che poi diventa noioso, non è mica tanto bello - mi risponde lei, dall'alto della sua esperienza di trent'anni di vita vissuti sotto l'equatore - il caldo e il sole forte sempre... è stancante.
- Non intendo così caldo e sempre in quel modo... sarebbe bello un paese col caldo fresco e magari un inverno attorno ai sedici... diciotto gradi - dico sognando.
- Dalat! - esclama lei - da dove viene tuo papà.
- Davvero? Esiste un posto così?
- Certo! Lì ci sono inverni caldi ed estati fresche, è fatto tutto di monti, cascate, ruscelli, fiumi, verde... per questo i francesi andavano là a costruire le loro grandi e lussuose ville... palazzi francesi! A Saigon ci venivano solo per lavoro e affari.
Non avevo idea che ci fossero costruzioni così europee nell'estremo oriente, nascoste dalla vegetazione ed immerse nella tranquillità.
Ora capisco perché mio padre fin da piccolo fosse tanto attratto dall'architettura europea e non da quella asiatica: da qualche parte l'aveva vista!
Mia madre parla della pelle: - Per questo le ragazze di Dalat hanno la pelle bianca, le gote rosa e le labbra rosse, mica devono nascondersi sempre dal sole. E non devono neppure difendersi dal freddo. La pelle più bella è quella delle fanciulle di laggiù, anche tuo papà, da ragazzo e appena giunto a Saigon, aveva le labbra rosse e la carnagione chiara.
A mia madre piace ricordare e raccontare, io ascolto, sono forse il suo unico pubblico oramai. Non ha amiche o parenti e le figlie sono tutte via, solo io pranzo quasi tutti i giorni con lei, e l'unico figlio maschio non capisce questi suoi ricordi del passato. Io ascolto e raccolgo le informazioni, storie che mi parlano delle mie origini.
La mia nonna paterna non finì neppure le scuole elementari, fu una vita dura e faticosa la sua, cresciuta in solitudine, si sposò ragazzina con un uomo molto più anziano di lei, rimase vedova presto ed allevò quattro figli da sola facendo la pescivendola al mercato, dall'alba al tramonto. Ma era molto orgogliosa e non si piegava a nessuno. Era cocciuta ed aveva le idee chiare ed abbastanza avanti per l'epoca, una di queste, era che i figli dovevano seguire le proprie inclinazioni, studiare e lottare per ottenere ciò che volevano.
Quando mio padre si mise in testa di studiare architettura ad indirizzo europeo, seguendo il ramo francese, tutti gli sconsigliarono questa strada, perché i francesi per le loro ville assumevano architetti francesi. Non avrebbe trovato lavoro da nessuna parte. Mica si facevano chiese cristiane, lì!
Non riuscendo a distogliere il ragazzo dalla sua passione, cercarono di convincere la povera madre ignorante, per aiutarli a non buttare via anni, fatiche e soldi in studi che non sarebbero serviti a nulla nel proprio paese.
Mia nonna per tutta risposta chiuse i rapporti con il vicinato e con chi non era d'accordo, raccolse i soldi e fiduciosa mandò mio padre ad inseguire e raggiungere il suo sogno.
Giunto nella capitale, al sud, i primi tempi, non avendo una dimora, dormiva di nascosto la notte sotto i portici delle case altrui e spariva all'alba per non essere cacciato via. I soldi che si era portato non bastavano a trovare un posto letto in quella frenetica e multirazziale, grande città, ma non aveva il coraggio di dirlo a mia nonna per non farla stare in pensiero. Le scriveva lettere in cui raccontava che andava tutto bene.
Di giorno, in qualche modo riusciva a frequentare l'università, a studiare e a sembrare uno studente "normale", ma spesso digiunava per giorni, mentre vagava alla ricerca di un lavoro con lo stomaco in subbuglio per la fame, ed intanto proseguiva a dormire di nascosto sotto i portici di case private, per non essere riconosciuto in giro come un vagabondo, mentre si teneva stretti i libri, i pochi soldi e gli indumenti di ricambio.
- Comunque, non si soffre il freddo, a Saigon - dice mia madre.
La fortuna giunse inaspettata a questo ragazzo. Un'amica di mia madre viveva come lei a Saigon, ed era molto innamorata del fratello maggiore di mio padre, anche se non mi è chiaro come facesse a conoscerlo. Nonostante non fosse ricambiata, quando seppe che il fratellino era nella capitale a studiare architettura, riuscì a rintracciarlo e scoprì la vita che faceva. Mossa a compassione e per amore dell'uomo che invece non l'amava, si offrì di dargli una stanza, in attesa di trovare un lavoro e una sistemazione che gli consentisse di vivere sotto un tetto ed avere due pasti al giorno.
Col tempo mio padre riuscì a guadagnarsi da vivere disegnando la notte ed insegnando di giorno e, resosi indipendente economicamente, trovò anche una stanza dove andare a vivere da solo.
Questa amica fu quella che fece conoscere i miei genitori. Nelle sue intenzioni, a dire il vero, mio padre si sarebbe dovuto mettere con un'altra sua amica e non con mia madre, era stato tutto combinato diversamente, ma il destino ribaltò le carte in tavola e piazzò mia madre nel momento e nel luogo in cui ci sarebbe dovuta essere un'altra donna.
Fu tutto un caso, o forse no...
Racconterò nel prossimo capitolo.