giovedì 26 dicembre 2013

Cerchio

Il bianco è uno dei miei colori preferiti... mi piace tutto ciò che è bianco, mi ispira candore, semplicità, libertà. E' un foglio bianco che aspetta di essere creato. E' la luce che assorbe tutti i colori. E' l'inizio, il principio.
Quando si ricomincia daccapo, si ricomincia dal bianco.

Si ricomincia di nuovo a sognare, a sperare.

Mi piacciono i fiori bianchi, i gigli, le ninfee, i vestiti bianchi, i mobili chiari, la neve, candida. La panna, i campi di margherite. Il ghiaccio. I maestosi cigni, le colombe. Le nuvole che spiccano sullo sfondo turchese, mentre viaggiano e volano lontano e continuano a cambiare sembianze.

Quest'anno non ha nevicato a Natale. Peccato. Sarebbe stato bello vedere i fiocchi bianchi che scendono.
Vedere i paesaggi innevarsi dalla finestra.
Perdersi alla finestra sorseggiando qualcosa di caldo. Volare con la mente lontano, sognando storie ed incanti, via da qui. Creare le trame e deciderne il finale. Come piace a me, come lo vorrei io.




Le nuvole.

Tornano sempre, ma bisogna sapere riconoscerle, ogni volta. Nessuno torna uguale a prima da un lungo viaggio.

Come vorrei.

Buttarmi nel bianco e partire e andar via. Un viaggio.
Come le ali di un angelo.

Lontano.


Foto di G.Merigo

25 dicembre

Il Natale, oramai, è passato.

Si fanno tanti preparativi per un unico giorno dell'anno e poi quando arriva e passa lascia sempre un po' di amaro. Ma forse è più corretto, come dice mia sorella, chiamarlo "periodo natalizio". Mio cognato dice che si fanno troppe aspettative.

A me piace allora il periodo natalizio. Natale no, è forse la festa più triste dell'anno.

Ma a dire il vero, non è neppure che mi piaccia poi tanto 'sto periodo natalizio, sono solo i preparativi e il sentirmi coinvolta in qualcosa, in un progetto con delle persone, a distrarmi la mente da altre cose.
Adesso ci sono gli allievi da preparare per il concerto di Natale. Una volta, quando lavoravo in negozio, c'erano le vetrine natalizie e le clienti in cerca di vestiti per la vigilia e il pranzo.

Io non sono mai stata cristiana, ma partecipavo così alle festività. 

Chissà perché mi è rimasta in testa la visione infantile di alberi e luci, festoni, musiche natalizie, neve e colori, tepore domestico, vacanze scolastiche. Vestitini da festa e persone sorridenti. Montagne e slitte. Cartoni animati al mattino. Non posso essermi inventata tutto, qualcosa deve esserci stato. Ero eccitata.
E non c'erano regali, non c'erano rimpatriate.
Non so cos'era, ricordo così, come una cosa felice la semplice serenità domestica con la mamma a casa e il papà al lavoro, e ogni anno, ancora, mi aspetto il Natale uguale alle mie immagini remote.

Ma non è più così. O forse ero troppo piccola per rendermi conto che fingevano tutti.

Natale non esiste più. 
Da tempo.





domenica 22 dicembre 2013

Scorre

Come scorre veloce il tempo.
Ma quanto ho sonno stasera.
Perché io non mi rendo conto che dicembre è passato al volo senza che io l'abbia davvero sfiorato.

Due dita di bimba che cercano di afferrare il maestro che insegna, ma che non ripete una seconda volta.

21 dicembre, solstizio d'inverno.
Alle 18:11 è iniziato l'inverno. Verso quell'orario suonavamo in un castello di paese.

Pioveva e faceva freddo. C'era così buio. I termosifoni al massimo e le strade bagnate.

Dopo il solstizio le giornate si allungano, come se il cuore e i pensieri uscissero dal letargo.
Invece è proprio ora che le dimensioni si appisolano nel lungo sonno. 

Ora è il momento di sospendere.
A volte, le risposte arrivano quando non le si cercano.




martedì 17 dicembre 2013

Luce

Uno specchio, grande, di quelli luminosi che riflettono bene la luce del sole, da mettere sulla cassettiera, così potrò truccarmi in camera e vedere il mio viso, senza il rischio di rimanere bloccata fuori dal bagno ad aspettare che si liberi, specialmente quando ho fretta, per entrare a prepararmi, e nessuno potrà più lamentarsi delle matite e degli ombretti che lascio lì in giro.

Fra i regali che ho ricevuto al compleanno, c'è un bellissimo portatrucchi capiente, trasparente ed elegante,con tre grandi cassetti e gli scomparti per metterci i pennelli e le matite. Me l'hanno scelto mia madre e mia sorella, "Così riordini quell'angolino sottosopra che lasci sempre in bagno" mi dice la mamma. Mia sorella ne ha preso uno simile, più piccolo... perché costava troppo per lei, e l'ha sistemato nella sua nuova casetta. 

"Ah sì" ho esclamato io "anch'io lo metterò nella mia nuova casetta". Beh, ma in attesa, intanto, lo sistemo qui. Bisogna vivere il presente. Mi piace riordinare le mie cose. Ma adesso ci vuole lo specchio, sì.


°°°

Ci sono cose, grandi e specialmente piccole, che si continuano a rimandare. Io ho sempre voluto questo specchio, non so perché non ne ho mai preso uno. Giro per i negozi e mi dimentico che ne voglio uno, non li guardo, come se, finché non me ne andrò via, "non me ne posso godere uno". 
Poi arriva il portatrucchi, che senza specchio non ci può stare.

Beh, oggi che sono libera me lo prenderò. Accanto al mio portaorecchini starà d'incanto.


°°°

Lunedì. Phan. Assente.
Martedì. Phan. Assente.
Mercoledì. Phan. Assente.
Giovedì. Phan. Assente.
Venerdì, Phan, assente non giustificata.


C'era qualcosa di più. Io ero nel mondo dei sogni, o a girovagare col viso per aria come ad assorbire tutto quello che c'era attorno a me. Troppe strette le catene delle quattro mura scolastiche. 

Un'aula grigia, tante regole, tante pretese da me. Gli orari da rispettare, gli impegni da programmare. Nozioni e libri che non mi interessavano. Voci e chiacchiere non desiderate. Io volevo solo essere lasciata in pace, andar via, volare. Volare via da tutto e da tutti. Fare le cose come mi venivano al momento, senza filtri, senza finzioni. Fare quello che volevo. Sdraiarmi nell'erba, passeggiare in centro, curiosare attorno a me, correre. Essere me stessa, indisciplinata così, scanzonata e menefreghista così. Vestirmi come ne avevo voglia. Bizzarra ed indecente così.

E va bene, pure ignorante e senza un mestiere così. Tanto la testa è mia. Se rimane vuota è comunque mia.

Mi dicevano che senza un diploma serio e una professione seria non avrei fatto nulla nella mia vita. Che lavoro avrei fatto? Come avrei fatto a mantenermi da vivere? 

Boh, a me andava bene anche di essere squattrinata. Così nessuno mi rapisce, nessuno mi ricatta, nessuno può rubarmi niente.

Io anelavo l'aria, il respiro, la corsa incontro alla vita, io volevo VIVERE.


°°°

Quando dal buio liquido e caldo, rassicurante io esco fuori, e vedo la luce, sento freddo e sono indifesa. Inizio a piangere. Inizia la vita. Ora vedo tutte quelle cose che prima udivo solamente. Ora tutto ha un'identità. Forse non avrei voluto conoscere però.

Così si inizia a vivere: cercando l'aria e piangendo, e nonostante tutto.


°°°

Nonostante tutto.














Eccomi.










Qui.





domenica 15 dicembre 2013

Santa Lucia

E' usanza, in alcune città del nord Italia, che nella notte a cavallo fra il 12 e il 13 dicembre arrivi santa Lucia in groppa all'asinello per portare i regali ai bambini.

Io sono grande e non ricevo più regali da tempo, ma ho ancora conservata questa letterina che le scrissi da piccola. Un giorno da adulta, mia madre me la fece leggere, l'aveva conservata per tanti anni. Io le chiesi di "restituirmela" perché voglio conservarla.

E' piena di errori grammaticali, ma mi piace pubblicarla.







La ricopio qui, con annessi tutti gli errori grammaticali:

Cara santa Lucia spero che stai bene. Io sono Thasala, vorrei da te una penna sferografica come quella che avevo rossa, perché mi è persa, ne ho tantissimo bisogno.
Di gioco invece non so se me li merito, però vorrei: gira la moda, i dolci segreti che si trasformano, mi piaciono tutti perciò scegliene una tu una per me. Poi se puoi un po' di soldi per me per mia sorella Thi e per mio fratello Bi, ma puoi anche farne a meno, fai come vuoi. Al proposito so che i dolci segreti gli piaciono anche a mia sorella Mai perciò spero che ne porterai una anche a lei.
Un grosso bacione a S. Lucia da Thasala.

Cara S. Lucia quella letterina parla dei giochi e una cosa da studio. Spero che farai il regalo che avevo sempre desiderato, la famiglia felice e serena.
Che la mamma vivi a lungo, serena, tranquilla e senza preoccupazioni.
Che il papà nel suo lavoro vada bene che vive a lungo tranquillo senza preoccupazioni.
Che la mia sorella Mai non fa più la capricciosa.
Che mio fratello Bi vada bene a scuola e che i suoi amici lo rispettino.
Che mia sorella Thi finisca le scuole con ottimo che entri in conservatorio.

Thasala ciao.

Che io vado bene a scuola.
Ciao!!
Mi sono dimenticata di scriverti che vorrei un armadio da metterci dentro i vestiti ma basso.
Ti ho sempre immaginato così.

(Disegnino)


Quanti dei miei desideri da bambina, riposti in questa letterina, si sono realizzati?
E' una domanda con una risposta quasi derisoria. Sarcastica.
Il gioco "Gira la moda" e la penna mi arrivarono, quelli sì. Le altre cose, le sto ancora aspettando.

Ma santa Lucia non esiste.


martedì 10 dicembre 2013

Christmas clock



Phan for fun:
- 14 dicembre: Monticelli Brusati
- 18 dicembre: Gussago
- 21 dicembre: Paderno Franciacorta
- 22 dicembre: Brescia


Busker:
- 23 dicembre: Monticelli Brusati

Colpevole (prima parte)

Ho già parlato delle persone che danno sempre la colpa agli altri (vedi post), oggi mi dedico a quelle che si sentono sempre in colpa. In realtà, sono due facce della stessa medaglia con lo stesso problema: il senso di responsabilità.

Essere responsabili ed essere colpevoli, a mio parere, sono due cose opposte.

Prendersi la responsabilità di un'azione, implica il riconoscere anche la capacità, il dovere e l'agire per risolvere una situazione. Il sentirsi in colpa o dare la colpa, si limita alle sensazioni di dispiacere, con un senso di impotenza e passività.

L'ho imparato in un telefilm per bambini: una ragazzina, cercando di fare del bene, ottiene invece il licenziamento della propria zia dal luogo di lavoro che ama tanto. Si sente molto in colpa per quello che ha fatto, anche involontariamente, e per calmarsi va via di casa e si perde nei suoi pensieri, fino a quando una sua compagna di studi la raggiunge e le dice: "Cosa fai? I tuoi amici (suoi studenti) si sono mobilitati per far sì che riottenga il posto e tu sei qui a far nulla".
La ragazza capisce all'improvviso che i suoi sensi di colpa erano più comodi che riconoscere la responsabilità e fare qualcosa di concreto per contrastare il suo sbaglio, si unisce al gruppo e riottengono il posto.

Forse sarò meno dura con questa categoria perché... io mi sento spesso in colpa.
Non si direbbe a vedermi, perché lo nego. E perché di solito mi capita quasi esclusivamente con i miei familiari, che sono un numero molto ridotto nel mondo. Ma mi sento in colpa anche per sbagli che non ho fatto, il che è peggio perché, non implicando la responsabilità oggettiva, non si sa come rimediare.

Perciò mi sento spesso in colpa con le stesse persone ma quasi mai con il resto del mondo, solo che il numero di "colpe" è così alto che gareggia con quelle di chi si sente sempre in colpa con tutti.

Ecco, io oggi non ho soluzioni per questo.
Forse me le potete suggerire voi.



lunedì 9 dicembre 2013

Comunque...

Comunque, spesso ci si racconta un sacco di balle a se stessi per evitare di guardare in faccia la realtà, che però essendo reale in fondo si sa, anche se non la si vuole accettare. Ma prima o poi.
La realtà fa male. Uno dice che preferisce sapere la verità, e poi quando è lì si nasconde la testa sotto terra, come uno struzzo, e la si bagna di lacrime. Più facile a parole.

I fatti poi. Smentiscono le parole.

A volte si continua e si continua solo per non rassegnazione. O perché si spera che sia come quella e quello e quell'altro.

Caso.
Ma è lo stesso?

Domani è un altro giorno come diceva Scarlet.

Perché tutto questo casino se poi moriremo tutti, e allora di nuovo la testa sotto terra, ma questa volta le lacrime sono degli altri.

Dai splanca gli occhi.




Sabato, 14 dicembre 2013

Consegna dei premi meritati dagli alunni che hanno terminato il percorso scolastico della primaria De Andrè, accompagnato dalle note della Banda Musicale G. Verdi guidata dal maestro Angelo Canipari. 
Alle 21 all'Auditorium Giorgio Gaber in via Onzato, 56. Ingresso libero.

Dove: Castel Mella





venerdì 6 dicembre 2013

Bianco

Come anticipato, ecco caricate le altre fotografie di ieri sera, ne trovate qualcuna qui, e le altre qui.

Ringrazio la mia amica Mara che ci ha seguite per tutta la sera in bici, al gelo, per fotografarci e ha pure girato un paio di video, purtroppo il mio cellulare decente era ko e quello sano li fa di bassa qualità, l'audio è una tortura, peccato!


Questo era il mio look di ieri sera: in bianco e color ghiaccio!


From Live Performances


Sotto il piumino (caldissimo) solo questo vestitino leggerissimo in strati di tulle candido:



Mi piace così tanto che lo comprerò in diversi colori.

Calze color ghiaccio, come il piumino, e stivaletti bianchi, caldissimi e pelosi.

Che bello! Vestita così, tutta candida, mi sentivo in una fiaba, come la regina delle nevi, e con le luci di Natale, nel centro storico notturno e illuminato, immersa nella magia. 
Il bianco poi, è uno dei miei colori preferiti. 

Godetevi le foto!


Per le vie del centro

Bellissima la serata di ieri! Abbiamo suonato per le vie del centro al freddo e mi sono tanto divertita. Come sempre lavorare è piacevole se ti piace quello che fai, ma anche e soprattutto se ti trovi bene con le persone del tuo "staff", sono molto fortunata ad avere entrambe le cose.

Imprevisti... moltissimi! Gente che all'ultimo minuto non è potuta venire e altra che è corsa a sostituirla senza aver mai provato. Io oramai mi diverto molto alle cose un po' disorganizzate, perché vedo il lato avventuroso, ma all'inizio andavo in panico per queste cose. Mi ricordavo, le prime volte che ho lavorato in teatro, quando ero appena uscita dal conservatorio, che mal reggevo i ritmi "fantasiosi" degli attori che improvvisavano le scene e si inventavano le cose un minuto prima di salire sul palco. Mi ricordo la regista che dietro le quinte, colta da improvvisa ispirazione, dava le direttive: "Mi è venuta in mente una cosa più bella... tu entra ma vai un po' a sinistra anziché verso il centro e tu Thasala entra pure tu in  questa scena, mettiti sotto la luce e suona qualcosa di triste".

Ecco: io soffrivo terribilmente.

Ora vivo le situazioni molto serenamente, non perché sono cambiata di carattere, ma perché ho imparato tre punti fondamentali in questo mestiere, necessari per la sopravvivenza.

Il primo è la preparazione tecnica, intesa proprio come la capacità musicale di suonare parti mai viste, con gente mai vista e in qualsiasi luogo. Se uno sa di avere una buona lettura a prima vista e padronanza dello strumento, non teme più nessun spartito, si sente equipaggiato per andare da qualsiasi parte e con la situazione in mano si sente più sicuro. Questo punto lo si acquisisce con lo studio e la pratica, esercitandosi costantemente. Per questo motivi i "professionisti" del settore vengono chiamati all'ultimo momento e sono i più rilassati.

Il secondo punto è l'esperienza, sapere già di principio che una serata artistica non si svolgerà mai come prestabilito. Essere pronti mentalmente ed emotivamente ad aspettarsi stravolgimenti nel programma rende gli imprevisti dei fatti previsti.

Il terzo punto... è quello che viene dopo: sorvolare sui difetti, cogliere le cose andate bene e godersi la compagnia e il divertimento dello stare insieme, perché questa è la parte più bella.

Vi lascio con una piccola foto.

A breve ne caricherò altre!





martedì 3 dicembre 2013

La donnina di casa

Non sono nata per fare la casalinga, anzi sono una pessima massaia, ma proprio per questo, penso che potrei essere un'eccellente donnina di casa.

Ho pensato tanto a questo post, perché ogni cosa che scrivevo sul mio conto era giusta e sbagliata. Tutto era parte di me e nulla c'entrava col mio modo di essere. Non è vero che non so fare niente. Ho guardato pure in rete per chiarirmi le idee su cosa significa essere una "donna di casa". Questa figura è ancora molto classica, esattamente come me la descriveva mia madre: colei che cucina, che lava, che stira, che accudisce i figli e fa la moglie e la mamma.

C'è chi dice che un uomo non sposerebbe mai una donna che non sappia fare queste cose. Ma io ogni volta analizzo e cerco di capire le casalinghe "perfette", per trovare e imparare tutta quest'arte divina, e ogni volta concludo che non mi pare facciano poi chissà che cosa di trascendentale: cucinare, preparare la tavola, fare una lavatrice, stirare, pulire, sono cose che sanno o potrebbero fare tutti, pure una ragazzina, pure gli uomini che vivono da soli già le fanno. 

Le attività di una casalinga sono talmente facili, che ancora non capisco il motivo per cui tante donne si sentano superiori ad altre solo perché hanno cominciato prima: se io volessi, in una settimana potrei imparare a fare tutto e pure bene, perché quando io mi metto in testa di sapere fare qualcosa la faccio. Non è che ci voglia una laurea. E' molto più complicato imparare a suonare o studiare da zero, in un anno e senza basi, tutte le materie necessarie per superare il test d'ammissione a medicina, ad essere onesti. E io ci sono riuscita.

Poi io in realtà la casalinga so già farla: ho fatto una scuola per diventare stilista, mi cucivo un cappotto, so rammendare, stirare e fare gli orli. Conosco i capi e i tessuti e so come vanno trattati. Quando facevo la baby sitter, a diciotto anni, cambiavo i pannolini e accudivo la piccola, le davo il latte e la facevo addormentare, anche se adesso mi defilo sempre quando c'è da cambiare una nipotina. Quando lavoravo nei bar pulivo i bagni, lucidavo in terra e i vetri, lavavo i piatti, preparavo gli ordini, facevo le colazioni, i pranzi e gli aperitivi. Ho lavorato in pizzerie, birrerie, gelaterie e pub. So faticare.
Quando sono a casa da sola cucino per me e mi diverto pure.

Solo che al momento non ho voglia di fare la casalinga, non ho voglia di sbattermi se non ce n'è motivo, non sono in vena di servire e riverire un uomo... e pace all'anima delle brave mogliettine scandalizzate di questa dichiarazione.

Certo alcune sono nate con questa vocazione, mia sorella per esempio adora cucinare, adora tutti quei lavoretti di cucito e maglia molto femminili. Lei sognava di servire un marito e di fare la mamma. Io al contrario di lei sono nata con altre vocazioni, che non mette al primo posto il fare i mestieri e cucinare. La mia vocazione è andare in giro carina e vestirmi bene. Io sono vanitosa. Vanitose o virtuose si nasce, non si diventa. 

Invece io penso di essere un'ottima donnina di casa, cosa che tante brave massaie non sanno cosa vuol dire, e purtroppo per loro, questo concetto non si impara facilmente come accendere e infilare i vestiti sporchi, suddivisi per colore e tessuti, in una lavatrice, metterci il detersivo, dosare la temperatura e i giri. Schiacciare un pulsante.

La casalinghe spesso sono stanche e di malumore perché si sentono in dovere di fare per forza e sempre i mestieri di casa e tutte quelle cose per cui si considerano tanto brave e responsabili. Poi però, incazzate come sono, non hanno mai voglia di giocare, di sorridere e di divertirsi con quelli che condividono questa casa lucida e perfetta con loro.

Non hanno più tempo di farsi belle e si vestono quasi sempre un po' sciatte, appunto per fare i mestieri.
In casi estremi non hanno mai nemmeno voglia di uscire insieme o di farsi una vita sociale perché devono sbrigare le faccende, confondono il proprio ruolo con quello della colf!

Io invece penso alla figura della donna di casa come una che rende piacevole l'ambiente, dove è bello tornarci e viverci, perché c'è armonia nell'ordine ma soprattutto perché c'è serenità e buon umore, magari con il profumo di torta nell'aria, anche se le camicie non sono pronte e i piatti sono ancora da lavare. 

Viviamo in un'epoca in cui uomini e donne lavorano entrambi, e quindi mi pare normale e anche piacevole suddividere o svolgere insieme i lavori di casa. O farsi aiutare. O portare la roba in lavanderia, o comprare una lavastoviglie. O fare una telefonata al Take Away.

Ma mi visualizzo anche a vivere da sola, e mi vedo rilassata nel mio ambiente, creativo e delicato. Il mio luogo artistico e tranquillo. Cucino per me piatti semplici e veloci e non mi spezzerei la schiena per fare i mestieri. Se sono stanca li rimando senza problemi ad un altro momento. Avrei tanti vestiti per il ricambio perché non farei lavatrici tutti i giorni e mi servirebbe molta scorta per l'occorrenza. Comunque in casi estremi non avrei problemi a farmi aiutare.

Mi immagino le cose ordinate in mobili chiari e le stanze luminose e ariose. Le tende, la musica da ascoltare. Un divano dove distendersi, un libro da leggere, dei film da guardare. I panni freschi di bucato e ammorbidente da fare asciugare. Mi è sempre piaciuto annusare i vestiti freschi.

Il profumo di muschio bianco nell'aria, un arredamento intimo. Un pianoforte, io che cammino a piedi nudi. La sera che controllo che tutto sia chiuso per poi coricarmi.
Mi piace stare a casa, intesa come atmosfera, come nido. Come posto per giocare e sognare.

Non vorrei mai che un uomo mi valutasse e mi scegliesse in base a come gli stiro le camicie, potrei decidere anche di non cucinargli nemmeno un uovo fritto, o di rovinargli e infeltrirgli vestiti e maglioni apposta, tanto per fare Bastian contrario.

Piuttosto è proprio quando uno non mi impone niente, quando mi sento libera di fare e di esprimermi, che mi viene voglia di impegnarmi a fondo per imparare a cucinare i suoi piatti preferiti e improvvisarmi cuoca. Mi piace rendere più bello il tempo da passare insieme. Per me è più importante questa motivazione del sapere cucinare in se, le azioni sono solo un mezzo per rendere felici le persone care. Io sono fatta così.

Mi impegno solo quando ne ho voglia. Ho bisogno di divertirmi.

Perché sono una pessima casalinga, ed è per questo che sono così serena. 
Che fortuna.