Oggi ero a pranzo da mia madre, e c'erano anche le mie nipotine gemelle, di quattro anni. Una non ne voleva assolutamente sapere di mangiare la carne. Dopo aver insistito un paio di volte, io ero dell'idea di lasciare stare, ma mia madre ferrea: "Deve imparare a mangiare tutto!"
Mi è venuto un déjà vu. Anch'io da piccola ho patito spesso a tavola perché mia madre insisteva che mangiassimo tutto. Risultato? Mia sorella maggiore non sopporta pomodori e formaggi, perciò odia tutti i primi e gran parte della cucina italiana, mangia tantissima carne cruda, rossa e solo riso.
Mio fratello mangia insalata e verdura solo sotto tortura. Io sono diventata vegetariana, e mia sorella minore l'unica carne che mangia è il pollo, e forse qualche volta gli affettati.
Non voglio dire che sia sbagliato il pensiero di mia madre, ma che alla fine non è servito a nulla. Proprio a nulla. Tutti, e tutti gli adulti che conosco, non mangiano tutto, hanno diversi gusti a tavola e vivono normalmente.
Per me certe cose che si impongono ai bambini sono una perdita di tempo. Io con mia nipote ho pensato: "Non le piace la carne bovina, sostituiamo con altre proteine e ferro", perché alla fine ci alimentiamo per questo: per introdurre nell'organismo carboidrati, proteine, lipidi, vitamine, sali minerali, e per il piacere del palato, non per farci violenza.
Oltretutto poverina, con l'esempio della zia che non tocca nessun tipo di carne e tira fuori dal frigo un uovo, mi sembrava molto confusa. Per fortuna sono abbastanza autoritaria in alcune cose e oggi mia madre mi dà retta, pur brontolando un po', alla fine le ho dato un po' di uova, ed era tutta contenta.
Capriccio? A dire il vero, se ad un bambino piace mangiare qualcosa, non gli viene proprio in mente di dire di no. Quando le si mette il pollo in tavola, bisogna addirittura imporle dei divieti per fermarla.
E' così importante riuscire a mangiare carne bovina nel corso della vita? Influenza sul rendimento scolastico, sportivo, lavorativo, sentimentale?
Direi di no.
Le persone sono tutte diverse fra di loro e ci sono gusti innati e predisposizioni biologiche che si rivelano perfette per la loro natura. Per esempio, io sono stata spesso sgridata e ripresa, e sentita sbagliata, per l'orario del mio sonno: fin da bambina ero predisposta a fare tardi, più tardi degli altri bimbi, e a dormire al mattino.
E non era assolutamente abitudine: nonostante i tredici anni scolastici più uno di università, io non mi sono mai abituata. Andavo a scuola ma iniziavo a capire cosa stava succedendo molto dopo, la mia mente non è mai stata lucida e presente fino ad un certo orario, mentre sono in grado di leggere e fare giochi logici di diabolica difficoltà mentale, senza problemi fino a notte fonda.
Mia madre invece, è una che si sveglia al mattino presto e la sera crolla, così: naturalmente, mentre mio padre, me lo ricordo: stava alzato di notte per progettare e al mattino dormiva.
Si dice sempre che sia abitudine, ma non è vero: le gemelle sono l'una come mia madre e l'altra come mio padre, fin dai primi mesi di vita.
A volte riesco a svegliarmi presto ed ammetto che è bellissimo avere la mattina più lunga, ma se vivessi senza sveglie, il mio risveglio naturale è attorno alle otto e mezza, nove e mezza del mattino circa, e rendo subito e molto di più.
Altra mia caratteristica è essere predisposti a mangiare e a dormire ad orari indefiniti, quando invece si dice che bisogna seguire la routine.
In verità, io sono perfetta. Sono perfetta perché essere musicisti non vuol dire solo suonare, ma fare spesso tardi la sera, andare a dormire tardi e in alcuni giorni, mangiare quello che capita nei ritagli di tempo, fra una prova e l'altra. A volte un panino, altre un sontuoso rinfresco. O un lauto banchetto. Mi adatto senza problemi, gusto e godo i pasti, in un ristorante a cinque stelle o su di una panchina con una pizza al taglio senza problemi. Mi piace mangiare in compagnia, questo è l'importante.
Quando la gente mi stressa e mi dice che fatico a lasciare il letto la mattina, anzi mi critica come se fossi una fannullona, io mi giustifico che faccio tardi la sera perché ho le prove, perciò per dormire otto ore devo spostare tutto, ma lo dico per essere lasciata in pace, in verità è esattamente il contrario: proprio perché non ho difficoltà a fare tardi la sera e mi piace crogiolarmi fra le lenzuola al mattino, quello che faccio è su misura per me.
Venivo anche ripresa perché mi pavoneggiavo davanti allo specchio, criticata perché ero una bimbetta vanitosa, come se la vanità fosse un peccato terribile. Una volta, ricordo, feci impazzire mia madre prima di uscire, perché mi aveva fatto i codini e io insistevo che non erano alla stessa altezza: un codino era più alto, e volevo che lo rifacesse. Lei perse la pazienza e mi lasciò andare in giro disperata e a disagio, perché avere i codini di altezza differente mi faceva sentire insicura.
Anche da adolescente venivo sgridata perché mi truccavo per stare in casa. Forse truccarsi era esagerato, ma il fatto era che io avevo questa innata mia esigenza di sentirmi sempre carina in ogni circostanza. Ce l'ho anche oggi, e per fortuna, perché mi viene da sorridere ogni volta che leggo dei consigli per le donne sulle riviste femminili: consigliano di prendersi cura del proprio aspetto fisico anche in casa e di non apparire mai o troppo spesso sciatte per non allontanare fidanzati o mariti. Ecco, penso, l'ho sempre fatto per non allontanare il mio specchio, e venivo sgridata!
Non mi andava bene qualunque cosa, per esempio, mi è rimasto impresso il grosso complesso di avere lo stemma marrone col telefono grigio cucito sul mio grembiule e su tutte le mie cose, all'asilo. I grandi me l'avevano scelto senza consultarmi e credendo che un disegno valesse l'altro, ma io invidiavo tantissimo la mia amichetta che aveva il fiorellino giallo su sfondo verde.
Sapete che dico oggi? Io ero, e sono perfetta così.
Una delle cose per cui mi piace andare in giro a fare spettacoli, è proprio il dover scegliere abiti, truccarsi, prepararsi, agghindarsi, mostrarsi al pubblico, sentire il potere della vanità e femminilità portata allo scoperto in quei momenti. Se fossi più discreta o semplice, magari mi sentirei a disagio a farmi vedere o non avrei voglia neanche di prepararmi.
Ed ero distratta, non ripetitiva, svagata.
Poi, faticavo un sacco a stare nello stesso posto tanto tempo, come a scuola, seduta su una sedia per cinque o sei ore. Ma mi stancavo anche a stare in piedi, volevo vivere in modo da sedermi e alzarmi, camminare o poltreggiare quando volevo, non quando me lo dicevano gli altri. E allora mi dicevano che avrei dovuto imparare e sopportare, perché qualsiasi lavoro obbligava a stare seduti a lungo o in piedi. Avrei anche dovuto adattarmi alla quotidianità, che comportava le stesse persone tutti i giorni. Lo stesso luogo tutti i giorni. Gli stessi orari tutti i giorni, tutto quello che cioè, mi avrebbe fatto scoppiare, perché contro la mia natura incostante.
Insomma ero incostante, fannullona, ed incapace a sottostare alle regole, che brutto destino avrei avuto!
Tutti quelli che erano miei difetti, come quello di essere più tranquilla in privato e più esibizionista quando c'erano persone, come quello di trascurare la scuola e i doveri per suonare (musica, cioè passatempo, non roba seria), erano solo indizi di quello che era giusto per me: non avrei potuto fare altro di quello che sto facendo oggi.
Oggi cambio luogo di lavoro ogni giorno. Dopo otto o nove mesi, quando non ne posso più delle abitudini e delle stesse facce, si interrompe per forza il lavoro e per qualche periodo mi allontano, giusto il tempo che mi ci vuole per non farmi venire la fantasia di cercare nuovi lidi, cosa che farei se fossi un'impiegata...
Quando insegno mi siedo o sto in piedi, o parlo guardando la finestra, quando lo voglio io. I giorni in cui ho più voglia di suonare e non di parlare, faccio un sacco di duetti e musica d'insieme con i miei allievi. Quelli in cui mi sento più loquace spiego. Le lezioni inziano dopo pranzo e la mattina ho tutto il tempo di esercitarmi senza dover per forza rivolgere la parola a qualcuno e di riconnettermi con la realtà, senza violenze quotidiane.
Ho fatto un sacco di lavori nella mia vita: barista al mattino, barista e/o cameriera la sera e notte. Baby sitter, segretaria, telefonista, impiegata, commessa, operaia. Ho cambiato un sacco di posti e datori di lavoro, colleghi. Mi sentivo sempre sbagliata e in errore.
Ma lo sbaglio non ero io: ero troppo tonda per adattarmi ad un quadrato, dovevo ricrearmi attorno il mondo rotondo.
Sarebbe lo stesso disagio di un quadrato che cerca di essere tondo: non si può... obbligare per esempio mia madre a stare in giro quando fa buio la madrebbe in crisi e soffrirebbe molto. Lei quando cala il sole si sente protetta in casa. Punto. Non potrebbe mai andare in giro a fare concerti e guidare da sola lontano.
Mi ci è voluto tanto per conoscermi e capire che tutto quello per cui venivo rimproverata e giudicata sbagliata, da "aggiustare", erano caratteristiche giuste per fare il mio attuale lavoro.
Per questo, dopo aver sofferto per buona parte della mia vita, oggi osservo i bambini, i ragazzini e cerco di capire le loro predisposizioni, che non significa solo valutare le loro materie preferite, ma anche caratteriali. Nessuna caratteristica caratteriale è veramente un difetto, se si cresce con la morale. Anche un bambino con "troppa" energia e tendenze "manesche", potrebbe essere un futuro lottatore e finire alle Olimpiadi...
Ogni pregio potrebbe essere un difetto. Ogni difetto potrebbe essere un pregio. Mi piace questa frase.
Come le due facce della medaglia.
E' bellissimo per me oggi, iniziare la mia giornata e sentire che le cose si sono modellate attorno a me.
E mi sento giusta, sono io che sono arrivata da sola a sentirmi così. Una grande e dura conquista.
Voi vi sentite giusti?