Parla mia madre:
Il collegio era solo femminile. C’erano delle ragazze che frequentavano la scuola il mattino e poi tornavano a casa, ed altre che rimanevano a mangiare e a dormire, vivevano là tutto l’anno. Di queste, la maggior parte tornava a trovare la famiglia il sabato e la domenica, mentre un gruppo più ristretto, a causa di impegni o problemi familiari, invece tornava solo a Natale e a Pasqua e durante le vacanze estive. Io ero una di queste, e così vivevo dei mesi in collegio senza mai vedere la mamma e il papà, senza vedere i miei fratelli.
A casa? Non tornavo, c’erano solo i miei due fratelli e il personale di servizio, tua nonna spesso si assentava per andare a trovare il nonno presso la base militare, che era lontano da dove avevamo la residenza. Per stargli vicino, rimaneva dei giorni e delle settimane con lui.
Ricordo quando il venerdì sera le ragazze salutavano e, felici, tornavano in famiglia. Allora la scuola si svuotava, nella stanza rimanevamo solo io e una mia compagna di classe, perché tua zia, mia sorella, aveva due anni in meno di me e ne frequentava un'altra, così l’avevano messa dall’altra parte dell’istituto e non ci vedevamo mai.
Eravamo noi due sole, eravamo diventate molto amiche. Lei era bellissima... e sola. Non ricordo perché neppure lei non avesse qualcuno che la venisse a prendere, ma condividevamo la stessa solitudine. Bisbigliavamo per non farci sentire dalle suore, in questa grande stanza piena di letti vuoti, al buio. Avevo così paura dei corridoi e delle scale di notte… mi ricordo di questo. Una grande paura.
Quanto tornava il lunedì le ragazze rientravano e riprendevano le attività. Il lunedì era un giorno particolare, i corridoi si riempivano, eravamo tutte “uguali”…
Le suore erano molto rigide e severe. Ci punivano se non rispettavamo la disciplina. Colpi di bacchette sulle nocche, o in ginocchio per ore sulla ghiaia, contro il muro. Ma ce n’era una che era così dolce e buona… era quella che cantava e suonava il pianoforte durante le messe, io le volevo bene.
Quando tornai a casa e dissi ai miei che volevo vivere in clausura così, nella mia solitudine ed imparare la musica, mio padre mi disse: “Ma sei ancora così giovane! Non hai vissuto nulla della vita, come puoi scegliere consapevolmente? Noi siamo buddisti… ma ogni religione insegna ad essere buoni. Prima di prendere una decisione così importante, vivi qualche anno fuori, vivi la vita che fanno tutti, e se ancora lo vorrai… non ci opporremo… se ancorai sentirai di volere abbracciare il cristianesimo e ritirarti al servizio di Dio”.
Tu penserai che fossi triste… ma io non ero triste. Mi ero abituata al collegio, e poi avevamo anche dei momenti felici: mi ricordo quando insieme alle suore, aiutavamo il prete a preparare le messe. Avevamo il compito di ritagliare le ostie, allora ci riunivamo attorno al tavolo, eravamo alcune ragazze insieme a delle suore.
Ecco, quelli erano momenti felici!
In verità, non so se volessi tornare a casa. La vita di fuori non la conoscevo, ma sentivo le governanti raccontare che una ragazza, una vicina, era stata stuprata mentre camminava, o di persone folli in giro per le strade. Io lì dentro mi sentivo protetta. Lì c'era silenzio e ordine, non ho mai voluto cercare altro. Tua zia invece tentò di scappare...
Poi, dopo tanti anni passati là dentro, cresciuta là dentro, ci trasferimmo di casa. E un giorno dovetti lasciare il collegio, decisero che gli ultimi anni scolastici li frequentassi normalmente, in una scuola pubblica come tutti gli altri.
La mia vita cambiò.
Non tornai mai più a vivere fra le suore.
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