Come si sono conosciuti la mamma e il papà?
La mia prima psicoterapeuta mi fece scrivere come compito la storia dei miei genitori, dal loro incontro a quando si sposarono, forse perché per comprendere al meglio una persona, bisogna risalire indietro alle origini famigliari, o forse per costringere il paziente a dialogare con uno o entrambi i genitori, se non altro per chiedere informazioni, oppure, perché pensandoci e scrivendone, chi esegue il "compito" conosce poi meglio se stesso.
Comunque qui di solito parlo di me, ma oggi mi è venuta voglia di rispolverare la storia dei miei.
La loro storia non è molto lunga, nel senso che dal primo incontro a quando si sposarono, passò solo un anno. E' più impegnativo dover descrivere la società del tempo che parlare di loro, ma è doveroso farlo per riuscire a comprendere alcune dinamiche.
Per cominciare, bisogna pensare all'ambientazione sia storica che geografica: siamo in Estremo Oriente, negli anni Cinquanta-Sessanta circa, in un periodo in cui c'erano visive differenze fra le classi sociali. Per esempio, mia madre mi raccontava che per distinguersi come famiglia per bene, lei e sua sorella vestivano di bianco.
Vestirsi di bianco in un paese sempre estivo, significava che: chi li indossa non svolge attività faticose che fanno sudare e sporcare, e che gli abiti vanno cambiati e lavati spesso, cosa che i ricchi potevano permettersi. Altri tratti distintivi erano i capelli profumati, lucenti e non bruciacchiati dal sole, e la pelle diafana, il più chiara possibile: avere carnagione "pura" indicava ragazze per bene che giravano in macchina (non tutti se la potevano permettere) e che non dovevano affaticarsi per le strade.
Oltre alla differenza fra i ricchi e i poveri, c'era anche uno spacco fra i tradizionalisti e gli "occidentalizzati", quest'ultimi, non erano ben accolti dalla maggior parte del paese. Erano "depravati occidentalizzati" quelli che avevano "perso di vista le origini, le tradizioni" ed erano concentrati nella capitale del sud, metropoli che ancora oggi, chi viaggia da quelle parti pensando di trovarci l'Oriente, se ne ritorna deluso e critico: "Non c'è niente di orientale nel sud, la bellezza del paese sta al nord, con le montagne, le risaie e le cascate. La natura incontaminata. Le donne miti, in abito tradizionale!".
Il sud riportava ancora tracce degli anni in cui era stata una colonia francese, mescolandosi al contempo alle novità importate dagli americani del nord, con cui erano in rapporti politici ed economici.
Le ragazze del sud erano famose per essere "facili". Giravano in minigonna (la jupe) e in pantaloni a zampa di elefante. Ascoltavano musica occidentale, mangiavano "le fromage", una cosa puzzolente a base di latte di mucca che arrivava dalla Francia, "le chocolat", bevevano "le cafè"! Facevano amicizia e legavano con gli stranieri e addiritttura ci facevano dei figli assieme.
In questo contesto gaio e colorato, crebbe mia madre, e per esattezza nella fetta "ricca" e pure "occidentalizzata". Mio nonno, sapeva bene come crescevano le fanciulle in una metropoli con continue incursioni di militari alti e bianchi che venivano di passaggio e poi se ne tornavano al loro paese, e pensò bene di mandare le figlie in collegio, in campagna, lontano dai divertimenti, sotto la tutela e lo sguardo rigido delle suore francesi.
E qui iniziò l'adolescenza triste ed isolata di mia madre: sveglia alle sei, preghiere tutte le mattine, mai contraddire le suore, disciplina ferrea, lingua parlata in francese e a letto presto tutte le sere. Viveva lontana dalla famiglia e da sua madre.
Quando tornava a casa non era molto diverso: mia nonna era una signora raffinata, voleva bene alle figlie ma, secondo la buona educazione ed il rispetto del tempo, ne era un po' distaccata. Ognuno dei suoi figli aveva un autista ed una cameriera personale e mia madre era legata alla sua, che era anche una specie di dama di compagnia.
In quanto a mio nonno, era colonnello e non stava molto a casa, ma quando c'era, la sua disciplina non doveva essere una passeggiata, perché ho sentito dire più volte da mia madre che lei in collegio si trovava bene. "Leggevo le poesie, a volte le scrivevo", mi diceva. "Volevo farmi suora e rimanere là, imparare a suonare il pianoforte e cantare le canzoni della chiesa, mi piacevano tanto, ma tuo nonno non voleva".
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