mercoledì 19 giugno 2013

Le canzoni di Battisti

Sono poche le poesie in musica. La maggior parte di quello che circola sono "solo" canzoni. 
Ma Battisti e Mogol.
Per fortuna nacquero nella stessa epoca, per fortuna che si conobbero e  collaborarono. Che sfortuna poi quando sciolsero il sodalizio.

Da piccola non avevo la libertà di ascoltare quello che volevo. In una casa numerosa, se sei il penultimo arrivato, spesso è così. In sala c'era mio padre, con i suoi dischi di musica classica ad alto volume. Ne ascoltava parecchia, da quella sinfonica a quella da camera, ma io di quel periodo mi ricordo bene solo tutto il disco dei rondò veneziani e le "Quattro stagioni" di Vivaldi. 
Chissà perché.

Se penso a mio fratello maggiore invece mi vengono in mente i Queen. Sono sicura che ascoltasse anche altro, tutta roba in lingua inglese. Ma ora l'associo solo alle canzoni di quella cassetta con la copertina blu.

Io stavo in camera con le mie due sorelle, e la più grande ascoltava prevalentemente canzoni in lingua italiana, per poterle cantare. Quasi tutti testi d'amore: Umberto Tozzi, Eros Ramazzotti, i Pooh, Raf, Claudio Baglioni, Luca Barbarossa. Francesco Baccini. Le piaceva leggere e ascoltare d'amore. Solo Baccini si discostava un po' dagli altri generi. 

Mia madre ai tempi ascoltava ancora tante canzoni del nostro paese, ma quando la più piccola di casa si rifugiava nella stanza matrimoniale con lei, le concedeva di ascoltare le cassette di Cristina D'Avena e dello Zecchino d'oro.

Non potendo impormi in nessuna stanza, a dodici anni misi da parte i soldi e con i primi risparmi acquistai un walkman. Che emozione, lo ricordo bene: era della Sanyo e lo pagai 68.000 lire. Così potevo ascoltare le mie canzoni con le cuffie, senza disturbare nessuno. Incominciai anch'io a crearmi una modesta discografia personale. Era il mio piccolo spazio privato, intoccabile, forse l'unico spazio privato... e la prima cassetta che venne a farvi parte fu una di Lucio Battisti, registrata da un cd di una mia compagna di classe. Ascoltavo giorno e notte "La canzone del sole".

Battisti mi emozionava tanto all'epoca, ma forse a dodici anni e pure a quindici, non capivo bene tutti i testi, oggi che li rileggo e li riascolto, penso che ogni sua canzone, ogni parola di Mogol, sia un piccolo capolavoro. 

Canticchio gli stessi versi da alcuni giorni, quelle parole che dicono: 

Come può un scoglio
arginare il mare?
Anche se non voglio
torno già a volare
le distese azzurre
e le verdi terre
le discese ardite
e le risalite
su nel cielo aperto
e poi giù il deserto
e poi ancora in alto
 con un grande salto...

Continuo a cantarle e non tocco le altre parole della canzone, non so perché. Mi piacciono queste immagini, le ho isolate. Non faccio analisi, non capisco. Non approfondisco. Mormoro e mormoro. Sento il mare e sento gli scogli. 
Poi non vedo più la terra e gli scogli. E poi vedo le discese e le risalite, e io seguo incosciente la corrente.
E così.

Che caos dentro di me. Ma è una vita che vivo questa mia vita così. Va bene così.
Ogni tanto un po' di quiete, e poi il salto! Il salto dopo una pausa... 
Come vorrei saltare in alto, tanto in alto, il più alto possibile!

E poi, dal momento che ho terminato la strofa, riprendo a cantare dal solito punto: 

Come può un scoglio
arginare il mare?


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