giovedì 4 luglio 2013

Prati e nuvole


Quando ero a Lecco  e a Como mi sentivo lontana da casa nonostante i kilometri non siano molti, perché l'orizzonte è "circondato" da montagne. La stessa sensazione l'ho vissuta anche ad Aosta o verso le valli di Brescia. Quando non vedo bene, completamente, il cielo all'orizzonte, perché ricoperto dai monti, dopo un po' ho voglia di tornare giù. Ma non è colpa delle montagne.

Dalla parte opposta, in Irlanda non ci sono neppure le colline e gli orizzonti si estendono infiniti e verdi senza mai un raro profilo celeste di qualche modesto colle, e anche lì la vastità dispersiva mi ricordava, in mezzo al divertimento e all'avventura, che casa mia era lontana.

Per casa io non intendo l'abitazione in cui vivo. Ma l'ambiente a me familiare dove sono cresciuta e dove torno per trovare i miei punti di riferimento, i miei affetti, le mie abitudini e la mia traballante quotidianità. Le mie cose che non trovo, la mia stanza ristretta con i vestiti dappertutto, i miei sax spinti a forza negli armadi e negli scaffali. I negozi in cui saluto i commessi. Le strade da percorrere in bicicletta senza perdermi. 

Non vivo in una reggia ma è il mio nido costruito da me. Mi piace volare, andare lontano e sperimentare la vita. Ma sono un boomerang e torno sempre indietro.

I cieli e i prati, le colline e le distese d'acqua. 
Le nuvole. I campi di fiori, il vento e i colori.
Gli odori e i profumi. I suoni.

Mi perdevo fin da piccola ad osservare attorno a me la natura e a notarne i cambiamenti. 

Ricordo in California, un secolo fa oramai, l'immagine di due ragazzine col naso per aria, eravamo io e la mia sorella minore.

- Guarda - le dicevo - le nuvole... sono lontane!
- E il cielo è più grande! - osservò lei.
- Sembriamo più piccole...
- Mi vengono le vertiggini... 
- Proviamo a toccare le nuvole...

Alzavamo le braccia e saltellavamo per riuscire a raggiungerle. A casa ci riuscivo sempre, Ma non quella volta. E' un'illusione ottica: quando le nuvole sono basse e allunghiamo il braccio, l'occhio percepisce il dito vicino alle nuvole all'orizzonte. Se sono davvero troppo in alto svaniscono anche le illusioni.

Tutto ero azzurro e color grano. E gli abitanti del cielo irraggiungibili.

Ricordo invece del viaggio da Dublino per raggiungere la costa ovest, in macchina.
"Le nuvole" pensavo quella volta "mi vengono addosso".

Erano nuvole dense e gommose, come fiocchi di panna montata. Ed erano basse, così basse che non vi era molto spazio fra la terra e loro. Sembrava fossero sopra di noi, adagiate sulla macchina. Il cielo era coperto di nuvole. I prati verdi erano coperti di pecore. Così sia in alto che in basso si vedevano battufoli di cotone bianco. 

Il cielo d'Irlanda.

- Le nuvole qui sono più basse! - osservai.
- O forse siamo più in alto noi? - mi suggerì.
- No, no - contestai - sono le nuvole, non la terra. E' il cielo che è diverso.

Mi piaceva l'idea.

Quello che mi colpì in Sardegna invece, nel mese di luglio, furono i campi gialli.
La natura era chiara e giallo paglierino. Non ricordo la tinta verde, non ricordo tanti alberi e tronchi marroni. Ricordo distese di giallo. E il mare blu luccicante. 

Dove vivo io il cielo non è quasi mai azzurro carico, è sul colore sbiadito. Da lontano si vedono i profili delle montagne, le nuvole non sono ne alte ne basse. I prati sono verdi e le estati sono afose. Non so descrivere meglio la realtà. Perché non vi è molto di pittoresco. E' così.

A casa.

Ci sono nel mondo posti bellissimi da vedere, paesaggi artistici e colori e profumi che devo ancora conoscere. Tanti luoghi da imparare, persone da studiare e avventure da sperimentare.

Ecco... sono sempre irrequieta, con la voglia di fare, di vivere, di novità.
Ma oggi sono contenta di essere qui. Ho nostalgia delle persone. Di quelle che condividono la vita con me.

Tutto il resto, un'altra volta.


Nessun commento:

Posta un commento