Il bello dell'inverno, è che si può scaldare.
Le mani fredde e le dita che faticano a muovere, ci alito sopra. E poi. Che bello metterle davanti ad una fonte di calore e sentire che dalle punte pervade il corpo.
Quando non si ha nulla non si può perdere nulla. Chi ha tanto teme di più la perdita. Chi è più fortunato o sfortunato?
Il bello del viaggiare a piedi e non in macchina, è che si notano più cose, non si ha il problema del parcheggio e non si deve ritornare per forza sul luogo a riprendersela. Mi piace avere poche cose leggere e saltellare allegramente senza pesi. Anima gitana e cuore di focolare.
Leggi negli occhi, le parole non sempre dicono la verità.
°°°
In verità, sono le donne con i capelli corti a necessitare di più attenzioni, perché per mantenere il taglio devono continuamente andare dal parrucchiere. Io i miei capelli li lavo e li asciugo, e neanche me li pettino. Quando ci passo le dita e sento i nodi rinuncio. Sono troppo pigra per prestare attenzione a come crescono. Perciò, tutto sommato, sono più femminili le donne con i capelli corti.
In quanti sono d'accordo?
Avere tanto e poco. Chi è più fortunato.
Io vorrei avere nessun peso ma tanti ricordi. Non si possono rubare i ricordi ad un'altra persona.
Da piccola stavo in camera con le mie sorelle, la più grande andava già alle superiori quando io facevo le elementari, e quando mi annoiavo leggevo i libri che teneva sugli scaffali. Lessi così "L'isola di Arturo" di Elsa Morante, ma non capii che il padre del protagonista fosse omosessuale, così come non mi so ancora spiegare la trama dell'"Immortalità" di Milan Kundera, ma mi è rimasto il ricordo del senso di turbazione e di una certa Laura.
Invece Buzzati lo capivo. La giacca stregata e Il mantello ancora oggi mi fanno paura. Sono cresciuta impressionabile. "Troppo tardi, troppo tardi" diceva sghignazzante il diavolo. Non ci dormii la notte.
Ricordo la nebbia, e la nebbia, e ancora tanta nebbia densa degli inverni di paese.
Ricordo i cortili asfaltati e i ragazzi del rione con i pattini e gli skateboards, e le pedalate in bicicletta per le campagne. I prati colorati e i soffioni, le estati immense di lucciole e le ginocchia sbucciate.
Lanciavo il sassolino e poi saltellavo su di un piede dentro a dei quadrati numerati. Mentre il sole viola scendeva, la gonna rimbalzava e le calzette non mi stavano su.
C'era una corrente calda sotto il pavimento del salotto, una striscia isolata di calore. Fuori la brina e il ghiaccio. Mi piaceva camminarci a piedi nudi sopra.
Giochi da femminucce. Io giocavo a fare il moschettiere con il cappello e con la piuma, la spada e il cavallo di legno. E facevamo le costruzioni. E poi erano più divertenti i maschi delle femmine. Io volevo pericoli ed emozioni forti.
Emozioni forti.
Le cerco ancora.
Le cerco ancora.
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Ma poi non reggo e torno a casa. La mia anima e il mio cuore continuano a litigare.
Mi ricordo di Natasha, io la chiamavo Atasha. Una zingarella con le lentiggini. Magari racconterò un po' di lei. Anch'io ero una zingarella, ma solo nel presepe scolastico. Non potevo fare l'angioletto in camicia da notte, come le bimbe belle con gli occhi spalancati e rotondi e le ciglia all'insù della mia classe. Guarda che faccia, la bambina estranea straniera e strana.
Il bello dell'inverno è che si può scaldare, il bello della pioggia è che dopo c'è l'arcobaleno.
Il bello del vuoto è che si può riempire, ma a volte, è meglio lasciare le cose come stanno.
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