venerdì 1 maggio 2015

Il mio Inno qual è?

Il 25 aprile, come tutti gli anni da tantissimi anni, sono a suonare per la festa, quella in cui si suona l'inno di Mameli. Così anche il 4 novembre, il 2 giugno, e per altre ricorrenze.

Osservo da fuori. Mi rendo conto in quei momenti di non essere e soprattutto di non sentirmi italiana. E' bello vedere le persone che solennemente cantano e si sentono appartenere ad una nazione, io non ho mai sentito questo, io non ho mai avuto un paese. 
Anche in quelle rare feste nazionali del mio paese, svolte in Italia, in cui da piccola i miei genitori mi portavano, io sentivo di non far parte nemmeno di quel "gruppo". Parlo perfettamente l'italiano e la mia lingua madre con accento straniero. So leggerla a fatica ma non so scriverla, e avendola parlata solo e sempre con i miei genitori in un linguaggio informale, non saprei affrontare un discorso formale e professionale in altri contesti. Sono una straniera per i miei "connazionali".

La bandiera che i miei considerano ancora, è quella gialla con le tre strisce rosse orizzontali, anche se dal dopo guerra è riconosciuta quella rossa con la stella gialla in mezzo. Ho due codici fiscali perché l'anno in cui sono nata il paese era già unificato, mentre i miei hanno sempre e solo tenuto conto del Vietnam suddiviso in nord e sud e dichiarato questo per me all'anagrafe. Per loro io sono nata nel sud, anche se l'unificazione è accaduta nel 1975.
Due codici fiscali ambigui. Due iscrizioni all'Inps, due versamenti come se fossi due identità diverse, due nomi, due persone incasinate. Chissà se avrò mai la pensione. 
Nei documenti, devo specificare una nazionalità e un'altra cittadinanza. Nei curriculum da quanti anni sto qui, per la questione della lingua e le scuole frequentate.

Non ho un mio inno.

Pure la religione. Da piccola cantavo nel coro del paese diretto dal mio insegnante di pianoforte. Era una bella cosa la musica, in tutti i contesti, perciò mia madre ci portava volentieri alle prove e la domenica mattina presto per cantare alle messe. Abbiamo fatto pure il grest e andavo all'asilo dalle suore, senza mai convertirci.
Se scavo nella memoria, credo di essere entrata nelle chiese quasi esclusivamente per suonare o cantare alle messe cattoliche o per visitarle con le gite scolastiche. 
Potrei dire quasi con certezza di aver messo piede una volta sola in una chiesa, con l'intento di pregare, per vedere com'è una messa, da spettatore, l'anno scorso. Per voi forse vedere frontalmente un prete che parla è normale, per me no. Per me la messa era quel momento in cui, con scarpette lucide, vestita di nero, si stava dietro all'altare in silenzio mentre la voce parlava, poi quando finiva si cantava assieme all'organista.
Ma io non sono cattolica e neppure cristiana. E credo di aver fatto, nonostante tutto, più messe io di un credente. Al primo matrimonio di mia sorella indossai un abito tradizionale durante la cerimonia con il monaco, e uno occidentale al ristorante. 

Ci stavo pensando. Chissà come dev'essere dire: "Sono italiana", senza averne dubbi, o: "Sono vietnamita", senza sentirsi stonati. 

Boh, io non sono né carne, né pesce. Quando facevo la barista, il proprietario del bar mi disse: "Sei un cocktail ben riuscito", almeno era un complimento.

Non mi sento vittima, chiariamo, sono solo pensierosa riguardo a queste cose, che mi vengono in mente nei contesti delle feste nazionali. Per me sono dei giorni di vacanza da scuola con l'impegno di suonare. Anzi, questo post mi è venuto in mente a seguito dell'esternazione di un mio amico, che con disappunto, ha detto che l'inno sacro e nazionale, tradizionale di Mameli, non doveva essere storpiato come hanno fatto all'Expo. Io non seguo l'Expo perciò non so come l'abbiano eseguito, ma è proprio per le sue parole: "tradizione, l'Italia, il nostro paese, la storia" che mi sono soffermata in queste considerazioni, altrimenti non mi sarei sprecata a scrivere sul blog.

Il mio nome significa "regina delle nuvole", o "nuvola d'oro", le nuvole non hanno un'appartenenza: vagano nel cielo per tutte le nazioni e in tanti continenti, e quando tornano non sono mai della stessa forma, cambiano continuamente. Mi piace pensarla così: il mio paese è il cielo, libera nell'aria e senza catene, senza confini, era questo il mio destino. 
Devo scrivere un inno tutto per me.



2 commenti:

  1. CIAO,LE FARFALLE NON HANNO INNI,HANNO IL VIBRARE DELLE PROPRIE ALI,HANNO IL SOLE CHE LE ACCAREZZA HANNO IL PROFUMO DEI FIORI.
    UN ABBRACCIO

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