sabato 28 novembre 2015

Una finestra per Thasie

Trovo che la parte più interessante di una casa siano le finestre. Mi piacciono grandi, tante, luminose, a più vetrate. La mia cameretta da adolescente ne aveva una: alta e larga, quadrata perché a tre vetrate, che dava sulla strada interna con gli alberi, il marciapiede e i passanti, era come un quadro in continuo movimento.

Ho visitato come ospite case sfarzose e lussuose, con infissi pregiati, marmi, quadri dalle cornici d'argento, tende in broccato, ma in cui bisognava accendere la lampada presto per rischiarare, per poter leggere o semplicemente vederci, così, per la mia personale idea di “casa ricca”, quelle case non erano sufficientemente ricche, perché non avevano la cosa più importante: la luce naturale, il poter vivere fino all'ultimo raggio di sole che inonda le stanze di calore.
Finché si vive in famiglia ci si adegua all'abitazione che scelgono i genitori: non ho mai potuto esprimermi sulla scelta della casa, dare opinioni ed avere gusti. Solo quando cercai un posto dove andare a vivere da sola, mi resi conto di quanto il numero delle finestre fosse un requisito importante per me, stava in cima alla lista, assieme a “parcheggio”, “affitto basso”, “vasca da bagno” e “vicinanza mamma”, ne volevo tante e magari stare all'ultimo piano, per ricevere più luce possibile.

Anche prima di allora, ricordo però, avevo una mia particolare abitudine: fin da piccolina, mi è sempre piaciuto osservare le case e le finestre da fuori. Mi attirano le tende, le luci, mi piace intravedere pezzi di arredamento, lampade e a volte scorgerne gli abitanti. Forse perché in estate le finestre stanno aperte e non si accende la lampada per quasi tutto il giorno, credo che osservarle sia affascinante soprattutto in inverno. Col freddo pungente ed il buio di fuori, con la voglia di tepore e quiete intima e domestica, capitava che quando portavo a passeggiare il cane, mi ritrovavo a fantasticare storie che potevano succedere dietro a quei vetri. Sicuramente, in quelle case c'era un bel tepore, si sorseggiava una deliziosa minestra fumante e ci si coccolava sul divano avvolti da una morbida e calda coperta.
Quando però poi tornavo a casa, che era la villetta dei miei, non mi sentivo propriamente nel mio ambiente: arrivano momenti nella vita in cui ci si sente pronti per cercare una casa con più finestre.

Nonostante io abbia sempre visto le case degli altri da fuori, con le finestre illuminate, le tende drappeggiate e le storie fantastiche di vita sconosciuta e familiare all'interno, mi capitò per lunghi mesi, per oltre un anno invece, di non vedere mai il mio appartamento allo stesso modo. Alcune cose banali saltano all'occhio quando le si vivono: se si vive da soli e si spengono le luci quando si esce, non succede mai di vedere la propria casa dall'esterno con le finestre illuminate: in quel momento all'interno è vuota, non c'è nessuna vita.

Una sera d'estate, tornando e volgendo il naso all'insù, guardai le altre case e le tante luci calde accese, ma la mia casa era buia, con le tapparelle abbassate o le tende tirate. Potevo inventare le storie per gli altri ma non per me.

Un'altra sera, mentre finivo di riordinare la cucina, spazzare, pulire e rendere la semplicità un posto accogliente, mentre preparavo il sacchetto dello sporco, mi si formò un pensiero in testa. Andai a buttare la spazzatura ma decisi di lasciare le luci accese apposta.
Fu una strana sensazione, la prima volta, guardare l'ultimo piano e vedere una casa mai vista. Ecco quello che vedeva la gente, quello che io non avevo mai notato, quando tranquillamente vivevo la mia vita e la mia casa era una stanza illuminata con l'aria che entrava: si vedeva quello scorcio del mobile chiaro, la lampada bianca, le tende e i muri bianchi, la chitarra appesa e magari io stessa che gironzolavo fra i fornelli o imbracciavo una scopa, con una maglietta comoda e i capelli raccolti.
Era una bella sensazione di ordine e di leggerezza.

“E' la mia casetta” pensai con stupore, senso di novità e scoperta, quiete e piccola conquista “sono le mie finestre”.

Da allora, ogni volta che mi assento pochi minuti, di solito la sera per andare a buttare la spazzatura, lascio accese le luci apposta, per poi guardale e fantasticare storie su di me. Ora sono anch'io una delle protagoniste della mia testa con una trama tutta per me. Piccoli e misteriosi quadri di una vita di sogni, romanzi, musica e speranze passate ad osservare il soffitto di un nido che accoglie un pianoforte.
E' tuttavia bella, la mia storia strana.

Quando nella vita si hanno delle finestre con le tende, e nel buio dell'inverno queste si accendono di calore e quiete, non si hanno più ragioni di sentirsi spaesati. Sono come dei fari nella notte, ti indicano che sei vicino, che stai tornando, finalmente, a casa.


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