Il Natale, oramai, è passato.
Si fanno tanti preparativi per un unico giorno dell'anno e poi quando arriva e passa lascia sempre un po' di amaro. Ma forse è più corretto, come dice mia sorella, chiamarlo "periodo natalizio". Mio cognato dice che si fanno troppe aspettative.
A me piace allora il periodo natalizio. Natale no, è forse la festa più triste dell'anno.
Ma a dire il vero, non è neppure che mi piaccia poi tanto 'sto periodo natalizio, sono solo i preparativi e il sentirmi coinvolta in qualcosa, in un progetto con delle persone, a distrarmi la mente da altre cose.
Adesso ci sono gli allievi da preparare per il concerto di Natale. Una volta, quando lavoravo in negozio, c'erano le vetrine natalizie e le clienti in cerca di vestiti per la vigilia e il pranzo.
Io non sono mai stata cristiana, ma partecipavo così alle festività.
Chissà perché mi è rimasta in testa la visione infantile di alberi e luci, festoni, musiche natalizie, neve e colori, tepore domestico, vacanze scolastiche. Vestitini da festa e persone sorridenti. Montagne e slitte. Cartoni animati al mattino. Non posso essermi inventata tutto, qualcosa deve esserci stato. Ero eccitata.
E non c'erano regali, non c'erano rimpatriate.
Non so cos'era, ricordo così, come una cosa felice la semplice serenità domestica con la mamma a casa e il papà al lavoro, e ogni anno, ancora, mi aspetto il Natale uguale alle mie immagini remote.
Ma non è più così. O forse ero troppo piccola per rendermi conto che fingevano tutti.
Natale non esiste più.
Da tempo.

Nessun commento:
Posta un commento