lunedì 22 settembre 2014

Fiori di campo

Un quaderno di carta e ancora, una penna ad inchiostro. Lettere da imbucare in posta e giorni di attesa del postino. Memorie di un'epoca passata, di quando ero una ragazzetta con le calze lunghe e le gonne troppo corte. A quei tempi, ancora si scriveva a mano. A quei tempi, mi interrogavo su cosa fosse l'amore. Giran e rigiran i dischi di vinile, le cassette a nastro, le cartoline in vacanza. C'erano i francobolli, c'erano le file alla cabina telefonica. Cos'è la nostalgia? E' un venticello di fine estate e una casa fredda e decadente.

Una vita di acquerello che di gocce liquide puntella, saltella e macchia cerchi d'acqua. Sono solo bolle colorate senza forma, ricordi che si allargano e si perdono, si nascondono, si scordano. 

Innocenza. 
 
Mentre tutto continuava a correre e a scorrere. Non ho più nessun mio quaderno delle elementari. Non ho nulla da derubare. Solo parole e sussurri che di notte mi parlano e mi sbarrano gli occhi. Fisso la notte. Vieni a prendere quello che non ho.

Ci si stanca, ci si accetta, si ascolta fuori per non ascoltare dentro. Non ci sono più bivi, solo percorsi obbligati. Oramai.

Ma io cammino e volgo il naso all'insù. Con i piedi scalzi in terra, con i capezzoli chiari e scuri, con una mongolfiera al posto della testa, di aria rosa, decorata a fiorellini di campo.

Sono io, sono il capro espiatorio. 
Sfogati, colpiscimi. Feriscimi, se ti fa stare meglio. E' solo un corpo. Io azzero la mente e mi allontano da questo corpo, so farlo. Ma non sono in grado di piegarmi a te.



Non potrai cercare di stringere, non potrai impegnarti anche se lo vuoi, a piegare il Nulla.




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