Tante persone terrorizzate dalle intrusioni nella propria privacy, a volte mi fanno proprio ridere. Sono quelle che poi sui social network pubblicano foto dei bambini, condividono nomi e cognomi, avvisano ogni volta che vanno in vacanza, che tornano, che mangiano e poi vanno in bagno, dicono quando dormono, che visite fanno all’ospedale e tutto e di più. Ma poi si arrabbiano e gridano se si lede la loro sacra privacy.
Rido non perché sottovaluto l’importanza di non fare sapere le cose per la propria incolumità, io stessa non ho il mio cognome sul campanello di casa e faccio ancora recapitare la posta a casa dei miei, ma perché li trovo incoerenti ed ignoranti.
Ho tre punti nella mia testa che continuano a solleticarmi:
1- Perché la gente dovrebbe tanto interessarsi a me, a te?
Capisco i personaggi famosi, ma io e te che abbiamo di così interessante, da suscitare un’attenzione morbosa tale da scomodare qualcuno, fargli perdere tempo e denaro per indagare nella nostra vita privata? Io credo che anche se mi mettessi in topless sul balcone, Novella 2000 non pubblicherebbe le mie foto, pure se fossi io a pagare per farlo. Io credo invece, che a parte i ladri che puntano a sapere quando o no siamo in casa, alla gente comune non gliene frega una beata mazza di quello che facciamo. Quindi rilassiamoci e ridimensioniamo il nostro ego: non siamo la Bellucci o Berlusconi.
2- Non ho niente da nascondere.
Ok, poniamo che qualcuno sappia cosa faccio di lavoro, che faccia ho, quante sorelle ho , se sono single, dove sono andata ieri sera, con chi sono uscita, quante paia di scarpe abbia comprato. Non è che la mia vita cambi. Tutto quello che c’è in rete, è la mia vita reale chiara e trasparente. Sono cose che potrei dire ad un colloquio di lavoro. Non devo preoccuparmi di non far sapere a qualcuno che l’ho tradito con qualcuno. Coerente nella realtà, coerente nel virtuale. Non hanno senso le foto diverse da quelli che si è, non ha alcun senso fingere di avere la pelle liscia se poi quando ti vedo hai i brufoli. O farsi foto in sui sembro una stangona e poi non supero il metro e sessanta. Oppure mettere foto di vent’anni fa. Non è che la privacy sia una scusa per bleffare e nascondersi dietro la maschera?
3- Se ti da tanto fastidio o hai paura, o impari ad usare i social, oppure non ti iscrivi.
Quando ci si iscrive ad un qualsiasi social, ci sono le regole chiare da leggere prima di cliccare il tasto “accetto” o “annulla”. Per poter andare avanti è necessario accettare. Qualcuno dice pure che è una fregatura, ma nessuno obbliga nessuno a far parte, per esempio, di Facebook. Se si trovano inammissibili le regole, basta non iscriversi.
Il tasto più discusso sono le fotografie: quando un utente le pubblica sullo spazio gratuito che offre il social, il materiale diventa di proprietà anche del social. Ora, perché protestare? Le regole lo dicono, caspita, sei in casa d’altri, o è così, o è così.
Parlando prettamente di Facebook, se lo si impara ad usare, è possibile comunque divertirsi, condividere quello che si vuole con chi si vuole e proteggersi. Chi dice il contrario è perché non sa usarlo.
Qualsiasi post, informazione e foto che un utente vuole pubblicare, ha un menù a tendina con le varie opzioni da scegliere, che sono:
- Rendi visibile a tutti.
- Rendi visibile agli amici e agli amici degli amici.
- Rendi visibile solo agli amici.
- Rendi visibile agli amici tranne che a:
- Rendi visibile solo a questi amici:
- Rendi visibile solo a te stesso.
In questo modo l’utente medio, ovvero la maggior parte, non ha possibilità di invadere la tua privacy se non lo vuoi. Poi certo ci sono gli hacker e gli "smanettoni" che sono la minoranza e che riescono ad accedere a dati anche laddove non si potrebbe, ma si ritorna sempre ai primi due punti: perché dovrebbero interessarsi a te e cos’hai da nascondere?
I social network sono divertenti e vengono usati per disparate ragioni, mi preme nel mio caso avvisare in poco tempo, tante persone, quando devo fare eventi musicali e poi condividerne le foto. Non sono preoccupata della mia privacy e delle mie immagini o video diffusi in rete, che tanto sono sempre inerenti al mio lavoro o quasi, anche se conto migliaia di amicizie con amici, colleghi e sconosciuti.
Ci sono però alcuni comportamenti comuni nell’uso di Facebook, che trovo pericolosi, molto più delle foto e dei dati diffusi. Delle vere e proprie minacce per la propria privacy:
1- I post delle vacanze.
Ok le foto dei luoghi, meglio se pubblicati al rientro ma va anche bene durante, ma scrivere: “Parto il giorno X e torno il giorno X” è proprio far sapere gratuitamente a qualche malintenzionato che la casa è incustodita in quei giorni. Ho sempre preferito rimanere nel vago sull’argomento.
2- Identità.
In realtà, anche se “obbligatorio”, Facebook non riconosce se un nome è vero o finto. Io non metto il mio cognome solo perché in Italia sarei facilmente rintracciabile, ma di solito un normale nome italiano con un normale cognome italiano non è pericoloso, c’è sempre qualcuno che si chiama allo stesso modo. Certo se non si vuole essere identificati basterebbe inventarsene uno e farsi riconoscere solo dagli amici. Ma non ha senso salire su un palco, mostrare il volto al pubblico e non volere essere riconosciuti. Neppure la provincia è obbligatorio indicare. Ma se uno scrive nome, cognome e paese, dovrebbe sapere che basterebbe leggere le pagine bianche per ottenere un indirizzo e andare sotto casa. Se si hanno di questi timori, meglio lasciare vuoto il campo.
3- Le foto dei bambini.
Allora, sono più i genitori degli stessi a metterli che amici e parenti, si sa: siamo narcisisti, è più bello mettere le proprie foto, ma questi genitori poi si indignano e si comportano da premurosi iperprotettivi, che non vogliono che le facce dei loro bimbi siano di dominio pubblico. Per Bacco! Penso sempre, non sarebbe più coerente non metterle? Ma poi ogni volta mi viene pure da pensare: ma poi sai in quanti gliene frega di sapere che faccia hanno e di rubare le foto dei tuoi figli???
4- Carte di credito e conti correnti.
Mai credere alle mail con richieste di dati. Se si va col mouse sul link che indicano, in basso compare sempre il vero indirizzo del sito, di solito dai nomi palesemente sospetti. E comunque le banche e le poste non richiedono mai dati importanti tramite e-mail. La mia posta (vera) mi avvisa da mesi tramite mail e lettere di andare nei loro uffici per modificare dei dati stupidi sulla prepagata, ma io sono troppo pigra per andarci, e nonostante io sia iscritta sul loro sito non ho il permesso di farlo da sola, perché possono farlo solo i loro impiegati allo sportello.
Comunque per le carte di credito e le funzioni dei conti correnti on line, ci sono sempre gli avvisi tramite sms e/o email per ogni utilizzo o attività. E se proprio, proprio ci si vuole sentire ancora più sicuri, basta sottoscrivere una carta di credito Visa o Mastercard ricaricabile, scollegata dal proprio conto corrente. Si possono ricaricare nelle tabaccherie adibite, da poche decine di euro fino a cinquemila e ci si può fare di tutto: pagare on line, viaggiare, pagare nei negozi e ristoranti.
Io trovo invece che sia una forma di protezione una piccola mancanza di privacy, è questo che permette alla polizia di indagare e scoprire su persone pericolose, quando ce ne fosse bisogno. Telefonate registrate, videocamere piazzate in luoghi pubblici. Archivi di rete.
Ricordo che quando anni fa decisero di mettere le telecamere su una nota via del centro ritenuta malfamata, in tanti protestarono per la mancanza di privacy. Io invece ero favorevole perché potevano così vigilare sui soggetti pericolosi, in quanto a me, non era un problema se passeggiando mi beccavano con le dita nel naso o con la bocca spalancata dallo sbadiglio.
Infine, vige sempre la regola del buon senso. Le bimbe e le donne che vengono violentate da sconosciuti incontrati in rete sono stupidine di loro, e avrebbero abboccato anche se li avessero incontrati per strada. E’ sempre successo e sempre succederà. Una volta raccomandavano di non accettare caramelle e passaggi dagli sconosciuti, ora sarebbe meglio dire: “Non dare (tu) caramelle e passaggi agli sconosciuti di Facebook, o di Skype, o di Whatsapp!”
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