
Carte su carte rilegate. Libri impilati. Ma quante storie, quante avventure in queste pagine.
- Mamma mi servono altri scatoloni! - grido da questa mattina.
E lei, sempre mi guarda ansiosa: - Vuoi andartene? Stai traslocando?
"Sarebbe pure ora" penso, ma la tranquillizzo: - Nooo... faccio spazio.
Ancora carte e carte rilegate, ma non sono solo storie scritte da altri, in mezzo a tanta cellulosa che prende polvere, ci sono pure quadernetti scritti da me a quindici, sedici anni. Li chiamavo diario. E il primo fu un quadernetto minuscolo acquistato nel quartiere di Chinatown, a San Francisco. Una forma di blog primitivo. Oppure è il blog, che è una forma di diario moderno?
A parte alcune pagine, non è che scrivessi tanto diversamente da ora, sebbene il diario lo leggessi solo io, mentre qui chiunque può farsi i fatti miei, avevo già il vizio di scrivere criptato. Chissà perché.
Questa sera non ho voglia di parlare del presente, questa sera leggo e ricordo. Ero una bambina, ma mi sentivo in imbarazzo in quel corpo che si prestava a diventare donna, e forse non lo volevo.
Mi rifugiavo fra quei quadernetti.
Chissà se un giorno, se diventerò mamma, mia figlia si perderà anche lei davanti alla finestra, mordicchiando la penna e scribacchiando come facevo io da ragazzina?
"Piccola Regina delle nuvole" mi confidavo "senza re. Credevo fosse tutta una fiaba, ma non fu così. Andai a dormire credendo di sognare, ma fu tutto un incubo, e vorrei svegliarmi, ma la notte non finisce più, l'alba non arriva più.
Una sera d'estate.
In villeggiatura al mare, l'estate che mi rideva.
Ma io non riuscivo a godermi la spensieratezza dei miei anni.
Strane riflessioni.
"La visione di mestizia si è avverata, ma avevo in mente una distesa selvaggia con le onde spumeggianti in cui si perse una risata cristallina. Passò troppo tempo, mi resi conto che quel che mi attirava allora non erano le amicizie, nè le albe e i tramonti, ma semplicemente quel raggio caldo e gaio in fondo al mio cuore... Ho cercato tanto e dappertutto, molte volte mi sono ritrovata sola in una silenziosa agonia. Pensavo di perdermi. Sono corsa incontro ad ogni orizzonte e non capivo perché non riuscivo a toccare. Mi sono fermata un istante per chiudere gli occhi. Ti ho compreso. Nulla in me, nessuna emozione. Compresi e cercai l'antica solitudine che incombeva il mio piccolo cuore, e mi resi conto di tante cose. Capii chi eri: goccia di rugiada di un'immensa tempesta".
A volte, chiamavo il mio diario "Il quadernetto dei matti": bizzarra opinione di me stessa.
"Ho ritrovato il mio quadernetto dei matti. Volevo bruciarlo, ed invece eccolo di nuovo qua. Anche solo a rivederlo mi mette malinconia".
E c'erano le lettere che dedicavo al mio futuro amico immaginario:
"Caro amico, non so se tu ci sarai veramente e se un giorno ti incontrerò... forse non arriverai mai, e questa lettera non la leggerà nessuno, ma io te la scrivo lo stesso, perché spero tanto, lo spero con tutto il cuore, di poterti incontrare".
Ricordo. Quando scendevo negli abissi più bui e profondi e poi risalivo e andavo in su. Su.
Più di tutti quanti.
Tornava la quiete.
Ma erano piccoli, momenti di quiete.
"Un sorriso dai mille volti e un sospiro, e nulla di più. Chiudo gli occhi sul letto e mi rilasso. E' passato, lascialo passare".
Questa sera ho fatto un tuffo nel passato, mi ci voleva.
Alla fine le persone non cambiano per davvero. Avrei scritto oggi, le stesse parole di anni e anni fa...
"Non ci sarà il crepuscolo in questo giorno, perché il freddo ne ha impedito la visione del tramonto".
Scrivere. Questo è quello che volevo fare veramente nella mia vita.
"Cosa vuoi fare da grande?"
"La scrittrice".
O forse no? Era pure una condanna.
"Scrivere mi indebolisce. La devo smettere. Finirò queste pagine e poi finirò di sognare: la vita non è il sogno".
Ma poi, finivo le pagine, finivo i quaderni e ne cominciavo un altro. Ritornavo sempre alle mie stesse debolezze, o punti di forza, a seconda di come si preferisca osservare.
Ora concludo.
Lascio il compito di farlo a dei sussurri che dal passato tornano:
"Questo è tutto. E' il preludio. Mi rimane una notte intera, un tempo per cui pensarci e riflettere. Ti scriverò domani".
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