Volavano in alto, variopinti, ed erano tanti, di tutte le forme e di tutti i colori.
Volavano su nel cielo, nei giorni sereni e con il vento fresco e blu. Con il mare lucente e la sabbia fine.
Anch'io volevo volare su. Con tutto il mio cuore, con tutto il mio corpo, con tutta la mia anima.
Non ero una quiete colomba, o un canarino in gabbia o un maestoso e nobile cigno.
Chiudevo gli occhi ma sentivo il sole sulle palpebre. Chiudevo gli occhi e sentivo battere forte dentro di me i tamburi ritmati e ostinati, assieme all'irregolare respiro.
Era quel senso di libertà, senza catene, senza dubbi. Sempre.
Cuore di gabbiano. Selvatico.
Mi sono sempre sentita così.
Gli aquiloni erano bellissimi e i bambini correvano sulla spiaggia libera per farli volare.
Ricordo di un'estate.
E poi a casa, in campagna.
Io e mia sorella minore tentammo di costruirne uno per ciascuno. Eravamo piccole e non ne sapevano nulla, ma i rombi di carta erano variopinti con le nostre decorazioni preferite, il filo che li teneva legati a noi lunghi e, fiduciose, corremmo le scale per scendere in cortile, dove lanciammo i nostri aquiloni.
- Vola, vola!
- Corriamo, più veloce andiamo e più voleranno!
Non erano come quelli del venditore e si ostinavano miseramente a rimanere a terra. Ma la fiducia e l'entusiasmo di un bambino sono grandi. Anche se quei piccoli pezzi di carta si attorcigliavano su di loro, non superavano la nostra spalla e il filo in corsa li strappava.
- Vola!... Oh ti prego aquilone, vola!
Dal balcone della cucina i nostri genitori ci osservavano.
- Mamma, guarda!
Ricordo quella volta. Eravamo ancora in vacanza da scuola, e in estate mia madre ci concedeva di svegliarci più tardi del solito. All'indomani del pomeriggio degli aquiloni, già rotti e strappati, trovammo in cucina, a colazione, altri due, ma erano grandi, molto più grandi e leggeri. E forti, costruiti da una mano adulta.
Uno era per me, e uno per mia sorella. Due regali inaspettati.
- Tutti i bambini in Vietnam sanno costruirsi gli aquiloni - disse mio padre - questi volano.
Li avevano costruiti lui con l'aiuto dei fratelli più grandi, durante la notte, perché fossero pronti prima del nostro risveglio.
Ingurgitammo in fretta e furia la colazione e scendemmo in cortile abbracciando al petto i nostri nuovi giochi.
I bambini si sentono felici veramente con poco.
Guardo dalla finestra e sento l'estate di tanti anni fa. Le stesse cicale, lo stesso torpore estivo. Le campagne verdi e gialle. Il caldo.
Sento le risate di due bambine felici che correvano, due aquiloni che rapidamente e impazienti si liberarono in alto verso le nuvole, verso il sole. Tutti i nostri grandi desideri avverati, i nostri visetti meravigliati e raggianti rivolti in aria a guardarli. Gli aquiloni di mio padre volavano.
Gli aquiloni di mio padre.
I miei ricordi sfumano. Sono passati tanti anni e vanno e vengono nella mia testa quando e come ne hanno voglia loro. A volte sono brandelli di frasi senza fotografie, altre volte sono immagini mute. Ma a volte ricordo pure scene incomplete o cortometraggi visivi e sonori.
Oggi la mia memoria si ferma a quei due aquiloni in aria e non riesce ad andare oltre. O forse sì.
Ho ancora quell'ultima immagine di mio padre e mia madre che dallo stesso balcone ci osservavano sorridendo.
- Mamma, papà! Guarda!
Era bello vederli sorridere per noi.
Hai reso un'immagine bellissima, toccante e allo stesso tempo nostalgica e un po' malinconica. E' sempre emozionante leggerti.
RispondiEliminaGrazie Pier! :)
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