
Poco fa ero in giro senza ombrello, spesso ne faccio a meno. Mi piace sentire sulla pelle le sensazioni selvatiche. La pelle nuda esposta alla natura, agli stimoli.
E' sempre stato così. Fin da piccola, quando mi inseguivano da casa con l'impermeabile e l'ombrello, ma io fuggivo e correvo incontro alla pioggia ridendo, entusiasta, impaziente, assetata di vita, e sotto la natura dirompente volgevo il viso verso il cielo, cercando un dialogo, con i capelli spettinati e gocciolanti, il vento ululante attorno a me.
Affascinata.
Questo cielo scuro è come uno specchio d'acqua dei miei pensieri. Delle mie ribellioni.
Non sono mai stata la figlia prediletta, l'alunno modello, la cocca di qualcuno, la fidanzatina perfetta, l'amica del cuore, il lavoratore più stimato, la tipa più simpatica. Mi faccio troppo spesso gli affari miei.
Ricordo quando storpiavo il naso schifata ogni volta che una bambina osava propormi:
- Vuoi essere la mia amica del cuore?
Andava di moda, fra le bambine, girare a braccetto con l'amica, ma io avevo il terrore di tutte le femmine bionde, brave e buone che non disubbidivano mai ai maestri e ai genitori.
La bella addormentata ricevette la maledizione dalla fata cattiva non invitata al castello, che si vendicò, sedici anni dopo, pungendole il dito per addormentarla per sempre.
- Ha fatto bene! - esclamai - non l'hanno invitata!
Nel caso di Biancaneve invece, provavo una sorta di partecipazione e comprensione per la affascinante e bellissima matrigna, che passava tutto il giorno allo specchio, ossessionata, a farsi bella. Lei almeno sapeva cosa fossero le cose interessanti, non come la povera Biancaneve che doveva rifare il letto, spazzare e cucinare per i sette nani ogni mattina, cantando allegramente e parlando con gli uccellini. Ero convinta che quella parte nelle favole fosse scritta solo per convincere le bambine a fare i mestieri, facendola passare pure per una cosa divertente.
I lavori di casa, che in teoria dovevo spartirmi a turni con le mie sorelle, mi ricordavano sempre con angoscia mia madre, che mi cresceva con la terribile minaccia:
- Se non sarai una brava casalinga non troverai mai marito.
Doveva essere una cosa proprio nefasta!
Doveva essere una cosa proprio nefasta!
- Farò a meno! - rispondevo.
E lei per punizione mi chiuse a chiave per una settimana il pianoforte. Io però trovai la chiave e riuscii lo stesso a suonare quando lei non c'era, rimettendola poi nel nascondiglio prima che tornasse.
- Io sono cattiva - dicevo - non voglio fare la principessa. Voglio fare la strega, ma devo vincere io.
Avevo circa undici anni, non ricordo perché parlavo di questo con il professore di lettere, alle medie.
- Perché non vuoi fare la principessa? E' la protagonista.
- Perché mi fa un po' pena, è troppo buona.
- Ma la principessa vive per sempre felice e contenta - mi mise alla prova l'insegnante.
- Vive per sempre in un castello, con un tizio noioso. Per me non è tanto felice.
- Non ti piacerebbe vivere in un castello con tanti servitori?
- Io voglio andare in giro e non avere tutta quella gente attorno.
- Non vuoi avere un tuo principe azzurro da grande?
Mi venne in mente che non sapevo cucinare e fare i mestieri di casa. E che la mamma non dice mai cose sbagliate.
- Ma io da grande non mi sposo - spiegai.
Il professore era divertito.
- Non vuoi essere la protagonista delle storie? - insistette.
Ci pensai, mi divertiva di più fare l'antagonista e mettere i bastoni fra le ruote alla sfigata di turno, ma mi venne l'ispirazione giusta e dichiarai:
- Io sono una protagonista cattiva.
Lui si mise a ridere.
Sono passati tanti anni, canticchio un po' a solfeggio ma non sono un usigolo, e parlo agli uccellini quando vengono a posarsi sul balcone, ma volano sempre via quando mi avvicino, forse perché non ho ancora imparato a fare i mestieri.
Non ho mai detto a mia madre che per tutto il periodo delle punizioni io suonavo lo stesso.
Non mi dice più che se non imparo a far partire una lavatrice o una lavastoviglie non troverò mai marito. Magari scuote solo un po' la testa ma fa tutto lei, tranne che i vetri della mia camera.
Al lavoro faccio ancora quello che voglio e non ho l'amichetta del cuore. Di solito vado più d'accordo con i gay. Come la matrigna di Biancaneve, mi piace stare allo specchio, e se mi fanno arrabbiare vado su tutte le furie ed escogito il piano A e il piano B, come la fata cattiva della Bella addormentata. Non mi sono neppure sposata. Sono proprio la cattiva delle favole!
Ma chissà perché, sto bene. Sto meglio io delle brave casalinghe. Non è vero che alle "cattive" va sempre peggio. Forse perché sono pur sempre la protagonista, una protagonista cattiva, quella che fece ridere il mio professore. E i protagonisti vivono sempre "felici e contenti".
Un giorno insegnerò a mia figlia altre cose più importanti, come ad abbinare i vestiti e a truccarsi, a studiare e a non piegare mai la testa. A non subire le ingiustizie. Non le dirò che per realizzarsi bisogna per forza maritarsi, e comunque, di non preoccuparsi per le incombenze, che per tutti i problemi gastronomici di coppia c'è sempre il servizio "Take away".
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