domenica 22 febbraio 2015

Le bambole di Alice V - La famiglia Blanchard

Nota:  I racconti qui pubblicati sono inediti  ed interamente ideati e scritti da Thasala Phan, a cui appartengono tutti i diritti (vedi nota in fondo alla pagina). Alcuni luoghi citati, i personaggi e le trame sono frutto di sola fantasia. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.


*** 


Nell'estremo Oriente, negli anni Cinquanta, accadde un fatto inquietante. Questa storia mi è giunta alle orecchie da fonti certe e so che è vera, tutto quello che scriverò qui non l'ho inventato io.
Si tratta della storia di una splendida dimora in campagna, costruita nell'Ottocento, durante le colonie europee. La prima famiglia in cui la visse fu composta da un unica figlia e da una numerosa servitù inglese. Spiccava in uno di quei posti verdeggianti, con le ombre e le cascate a cui aspirano tanto i turisti. Una villa isolata dal mondo e disabitata.

Gli abitanti del posto hanno una particolare abitudine legata alla magia bianca: quando cambiano casa e vanno a stare in una nuova abitazione, accendono l'incenso, preparano il riso e fanno donazioni di frutta, fiori e pregano gli Dei, affinché il luogo venga benedetto e che non accada a loro nulla di male. Questo rituale allontana le forze negative e in Oriente tutti sanno che non bisogna scherzare con i poteri contro cui non sappiamo dominare. E' necessario allearsi con gli spiriti buoni e chiedere il loro aiuto per rimanere protetti.

Le leggende dell'epoca raccontavano che, nonostante la sua bellezza, quella villa fosse disabitata e che nessuno volesse viverci. Quelle rare e brevi volte che qualcuno ci aveva messo piede, si ammalava inspiegabilmente fino ad arrivare alla morte, e nessun medico era riuscito a capire che malattia fosse. Accadde pure però, che certi che si ammalarono, guarirono appena vennero allontanati dalla casa.

Un giorno una coppia di marito e moglie occidentale, decise di acquistarla e di venire a vivere con i dieci figlioletti, dai cinque ai diciotto anni, tutti biondi. L'agente sembrava avere fretta di concludere il contratto e di allontanarsi il più alla svelta possibile, oltretutto il proprietario non si fece mai vivo per la vendita, ma la famiglia Blanchard era troppo entusiasta del posto per porsi domande.

Le voci nel villaggio giravano, e giù nella locanda non si parlava di altro, sussurrando, con terrore, cose che non dovevano essere risvegliate.

Capitò un giorno, durante il trasloco, che un viso scuro con due stretti occhi orientali celati da lunghi ed arruffati capelli neri, si avvicinò al signor Blachard e gli disse:

- Benedite la casa, ma occorre uno potente, non potete farlo voi, vi posso aiutare.

Il signor Blanchard era un uomo gentile, ma era abituato alla sua cultura d'origine e non credeva in queste cose. Rispose allegramente:

- Oh! Siete di qui? Siamo contenti di fare amicizia con qualcuno del posto. Grazie, ma non credo abbiamo bisogno di riti e magie.
- Vi prego, mi sembrate brava gente. In questa casa sono morte delle persone. 
- Eh! Accade, ma se nessuno più occupasse case in cui sono decedute persone... il mercato immobiliare chiuderebbe non le pare? 
- Non bisogna scherzare con gli spiriti. Nessuno è mai riuscito a capire come siano morte.
- Accidenti! Che sfortuna! - disse allegramente Blanchard. Aveva occhi chiari, ridenti e barba e baffi biondi - ma stia tranquillo, saranno stati casi, a noi non succederà niente. Venga pure a trovarci!

L'uomo dalla pelle scura e gli occhi stretti e a mandorla si allontanò scuotendo la testa.

Nel giro di qualche mese, la casa fu pronta e la famiglia europea venne a vivere in quell'angolo di paradiso. Avevano una bella macchina lussuosa e lucente e il signor Blanchard viaggiava tutti i giorni per raggiungere la capitale e occuparsi di affari. La signora Blanchard era una graziosa mogliettina affezionata al marito e alla famiglia, ogni mattino accompagnava i figlioletti a scuola, poi tornava a casa a sbrigare le faccende, a cucinare e ad aspettare la sera il ritorno del marito. 
Per qualche tempo tutto sembrò andare bene. Il più grande era all'ultimo anno delle superiori e sognava di diventare avvocato. La dolce Isabelle rallegrava la casa con delicate melodie al pianoforte, i più piccoli correvano giocando felici nel giardino. Il tranquillo Robert passava invece le giornate all'ombra dell'albero a divorarsi i suoi amati libri.

Dodici persone. Se ripenso a quello che poi successe ad ognuno di loro, mi vengono i brividi. Non sono stata in quel posto e non c'ero in quegli anni, eppure io oggi ho paura a raccontare, la stessa paura che ho letto negli occhi di chi a sua volta mi raccontò, sussurrando, e poi non volle mai più parlarne. Ci sono cose che non vanno risvegliate, ma è necessario mettere in guardia, affinché non vi siano altre vittime innocenti.
Andiamo avanti.

Successe per primo al più piccolo, e fu come gli altri casi: si ammalò improvvisamente ed inspiegabilmente, non volle nè mangiare, nè bere, entrò in coma, e nonostante l'intervento di medici occidentali ed orientali giunti pure dall'Europa, i signori Blanchard gridarono dalla disperazione al capezzale del piccolo morto.

Tempo dopo capitò anche, ad uno ad uno, agli altri membri. Tutti con la stessa dinamica. Il figlio maggiore, poi la dolce Isabelle, la piccola pianista, pure Robert, il sognatore poeta.
Il signore Blanchard, distrutto e senza più forze, pensò di non abitare più in quella villa, e ricordò le parole di quello strano uomo scuro. Ripensandoci, quelle misteriose pupille iniettate di nero lo rabbrividirono. Tuttavia andò a cercarlo in paese ma nessuno sapeva di lui.

Erano rimasti solo la moglie e quattro dei dieci figlioletti. 

- Dobbiamo scappare di qui! - dissero i signori Blanchard, ma la sera in cui si prepararono a spostarsi in un albergo, la signora cadde in trance. I medici la misero subito a letto: aveva gli occhi splancati, terrorizzati, la bocca aperta come a volere gridare qualcosa senza riuscirci. Fissava il vuoto, il sudore le impregnava la fronte e i capelli spettinati. Con un dito tremante cercò di scrivere qualcosa nell'aria. 
I bambini piangevano e si abbracciavano. Terrorizzati. Oramai era una famiglia distrutta.
Il signor Blanchard non volle che videro la mamma con quel volto agghiacciante.

- Emilie, fatti forza, ora ce ne andiamo via di qui, ti scongiuro - le diceva al cappezzale.
Il primo ospedale era troppo lontano. La signora Blanchard morì il mattino dopo. Non fecero in tempo a scappare da quel posto.

Il mattino seguente il signor Blanchard portò via immediatamente i quattro figlioletti rimasti e questi, assieme, a lui, furono gli unici a salvarsi da tutta quella storia.

Il giorno del funerale della moglie, in disparte ed invisibile, il signor Blanchard rivide lo strano uomo scuro del primo giorno. Aveva un volto indecifrabile.

Lo avvicinò: - Non vi avevo voluto credere, ma avevate ragione, quella casa è maledetta.
L'uomo dagli occhi stretti e neri fissò Blanchard in volto: rispetto a mesi prima, il suo sguardo azzurro e sereno era scomparso, gli occhi erano rossi, il volto segnato e le rughe lo invecchiavano, come se di colpo avesse vissuto trent'anni in più.

L'orientale annuì: - E' necessario chiamare qualcuno potente, un'esperto di magia bianca e nera.
- No - disse il signor Blanchard - la casa è di mia proprietà, ho deciso di farla abbattere. Ha ucciso delle persone. Sapete, quella notte, mia moglie tracciava continuamente la lettera "A" nel vuoto. Era l'unica cosa che riusciva a fare. Ma non fu in grado di spiegarmi altro. E' un falso paradiso, è maledetto! - gridò con rabbia.
- Signore, la casa decide, è più forte di voi, di me, potete farla abbattere, ma lasciatemi chiamare ad assistere un esperto il giorno in cui accadrà. Non rimanete soli di fronte all'ira della casa, quando verrà distrutta.

Il signor Blanchard non aveva più nulla nella sua vita. Non aveva creduto una volta, non voleva più commettere lo stesso errore e acconsentì.

La cosa inspiegabile, dopo, è che pure i bambini in albergo si ammalarono e sarebbero morti pure loro, ma qui accadde la parte del racconto più strana.

La casa fu abbattuta, e venne un monaco a guardare il lavoro.
Quel giorno ritrovarono nascoste, cementate dentro le mura, dodici bamboline in legno, ognuna riportante una data di nascita e una data di morte, che coincidevano con i dodici membri della famiglia Blanchard, e una lettera: "A".
Sette di questi avevano già adempito la maledizione: il giorno della morte previsto era lo stesso di quello poi accaduto, ma cinque dei membri sopravvissuti, il signor Blanchard e i quattro bimbi, si sarebbero potuti ancora salvare.

Il monaco osservò le bambole: - I bambini devono morire oggi. E lei, signore, fra un mese. 

Mi è stato raccontato che le bambole vennero bruciate e il suolo pure. Poi pregarono, pregarono per dodici giorni portando in dono al luogo distrutto ciotole di riso, frutta fresca, pesce. Misero una grande statua di un Dio pacifico e a turni anche gli abitanti del villaggio vennero a praticare il culto.

I bambini in ospedale, appena distrutte le bambole, si ripreso miracolosamente. Il signore Blanchard scampò alla sua morte stessa in tempo. La pioggia, col tempo, spazzò via la cenere delle bambole e delle mura. Dal suolo ricrebbe l'erba e spuntarono fiori. Ma da allora il luogo è rimasto disabitato e nessuno ha più costruito nulla. La famiglia Blanchard ritornò in Francia e il padre non tornò mai più in Asia.

Anni dopo, con l'avvento di internet, uno dei figli sopravvissuti, Richard, volle vederci chiaro e cominciò a viaggiare e ad avviare delle ricerche, ritornò pure sul posto e fece delle domande agli anziani del villaggio. Venne a sapere che l'unica figlia della prima famiglia che vi abitò, si chiamava Alice e aveva la passione delle bambole. Era una ragazza pallida e fragile di salute, morì giovane. Ma era anche un tipo strano: creava bambole vestite da sposa in nero, incideva il legno e non parlava con nessuno. La stanza in cui nelle mura vennero ritrovate le dodici bamboline, era la stessa in cui vi aveva vissuto rinchiusa lei e dove morì.
Ripensando alle lettere "A" incise sulle bambole ritrovate quel giorno e ai segni tracciati dalla madre, intuì che ci potesse essere un legame, che fosse una maledizione. Quello che ancora nessuno ha risolto, è come potessero essere cementate nel muro tanto accuratamente, e come potesse nell'Ottocento una ragazzina prevedere l'arrivo di una famiglia di dodici persone ed indovinarne la data di nascita, avvenuta poi in un futuro di cent'anni dopo.



Racconti indediti di Thasala Phan
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