Mi piace parlare di libri, qui. Nel senso che mi piace parlare di libri nel mio blog, nella vita "reale", invece, non ne parlo molto.
Questa sera ho in testa Andersen, lo scrittore danese. Suoi sono "La regina delle nevi", "La sirenetta", "Il brutto anatroccolo", "La piccola fiammiferaia" e tante altre storie meno conosciute.
Mi ricordo di un periodo in cui avevamo in casa parecchi libri perché una biblioteca li dava via. C'era un libro dalla copertina color tortora che raffigurava una bellissima ragazza dai lunghi capelli neri, con le mani e i piedi a rana, in un lungo abito chiaro, che osservava verso l'alto.
Era la favola de' "La figlia del re della palude". Parlava di una principessa egiziana intrappolata sotto le acque delle paludi dal re, un rospo crudele. Dall'unione nacque una bambina, emersa dalle acque scure su di un fiore di loto o una ninfea, messa in salvo da una cicogna e trasportata poi in mezzo agli umani. La bambina crebbe, bellissima come la madre e crudele e selvaggia come il padre di giorno. Con le orribili fattezze di un rospo, come il padre, ma con gli occhi malinconici della madre e la stessa indole mite e buona di notte.
Solo la madre adottiva fu a conoscenza di questa sua maledizione. E imparò ad amare la figlia nel suo aspetto ripugnante ma dal cuore grande notturno, e a temere la stessa, sadica e intrepida, ma ad ammirarla, di giorno.
La storia narra che fu un giovane prete a salvarla da se stessa, dalla sua crudeltà. Anche a sacrificio della sua stessa vita. Ricordo la scena di lei, che con le lacrime scavava e scavava nella terra con le mani, con gli arti a rana, fino a sanguinare, per una sepoltura cristiana. Per diversi giorni, diverse albe e diversi tramonti. Mentre imparava l'amore in ogni sembianza. La scena in cui nello specchio d'acqua della palude vide se stessa, per capire invece che era il volto della madre imprigionata che chiedeva aiuto. Il momento in cui, in trance, disegnò nell'aria tante croci. Questa storia che lessi da bambina, ora che la rivedo con gli occhi di adulta, aveva dentro di se un lungo percorso spirituale e le figure erano degli emblemi.
Mi piace tanto il suo significato.
Quando leggo i libri mi piace sapere più cose possibili degli scrittori, perché conoscendo il loro vissuto, la loro persona nella realtà, si capiscono meglio le cose che scrivono. Viceversa invece, studiare un'opera per capire la loro vita, è più difficile. Scrivono per isolarsi dalla realtà, per sperare, per inventare. Per deformarla e vivere in un limbo felice su misura. Per raccontare a qualcuno momenti di sconforto. Per confondere il pubblico. Per parlare di se e per non parlare di se. Per non uscire allo scoperto e continuare a sognare e raccontare.
Andersen era un solitario cresciuto nella povertà, dall'aspetto ripugnante. Dalla mente instabile. Sempre emarginato. Per tutta la vita soffrì per questo, il suo destino fu condannato alla solitudine. Quando penso ai poeti senza soldi, senza amore, dalla testa piena di idee, mi viene in mente lui.
Lui, il brutto anatroccolo emarginato, lui, come la piccola fiammiferaia senza amore che trovò pace solo con la morte nelle visioni della nonna in paradiso. Sempre lui nella sirenetta che non conquistò mai l'amato, perché diversa, non umana. Lui nel soldatino di piombo senza una gamba, che potette amare la ballerina di cera, sì, ma a quale prezzo? Con la morte, entrambi abbracciati, sciolti nel fuoco di un camino. Fu una folata di vento a decidere il loro destino per sempre. E fu proprio la morte a liberare l'anima dello scrittore dalla sua vita infelice.
Libri. Che mondo nascosto c'è dietro ogni copertina, in ogni pagina? Quale storia per evadere dalla realtà, quale mente amica mi ha lasciato tutte queste storie?
Me ne stavo lì, su quel pavimento, in mezzo a tutti quei volumi, come se fossero stati il più bel regalo della mia vita, con le gambe incrociate a divorare tutte quelle lettere, parole, frasi, pensieri, storie. Mentre attorno a me si faceva buio, i personaggi erano tutti lì a farmi compagnia, a sussurrare, e i paesaggi lontani si materializzavano nella mia mente e io ero sulla neve, con la Regina delle nevi vestita tutta di bianco o in volo su di una cicogna verso orizzonti e avventure e non mi importava di giocare con gli altri bambini.
C'è ancora un po' di Andersen dentro di me.
Un angolo incantato della nostra infanzia.
Un angolo incantato della nostra infanzia.
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