martedì 20 agosto 2013

L'ascensore

Mi hanno detto di prender l'ascensore e di salire al ventunesimo piano: il mio compito è di parlare con Dio. 

Ho obbedito all'ordine e ho preso l'ascensore, ma continuo a sbagliare piano, adesso sono finita su uno strano strato di cielo gelido e buio, immerso nella foschìa. La nebbia densa di tristezza come il piombo si alimenta del mio alito di vita, della mia essenza: presto diventerò parte di quel piano. Mi morde l'angoscia... è un lungo fischio soffocato. 
Sento il mio cuore gelare e qualcuno dentro di me mi dice di tornare giù. 

Salvati mi dice. 

In qualche modo riesco a trattenermi sulla porta dell'ascensore e a non varcare quel confine di morte. Qualcuno mi spinge indietro. 
La mia mano di plastica cadavere preme il pulsante per cambiare piano. Voglio tornare in fretta fra la vita umana, anche se la mia classe mi ha mandata a parlare con Dio. L'insegnante di disegno mi ha detto: 

Sali al trentunesimo piano e vai a parlare con Dio.

O era il ventunesimo?
Nebbia. 
Non posso raggiungere Dio perchè l'ascensore va su e giù ma non riesco mai ad arrivare al ventunesimo piano. Ma ora ho il dubbio che sia il trentatreesimo. E ora non so più nulla. Non ricordo, voglio solo scendere e tornare fra la vita umana. 

Sbaglio sempre piano. Ho paura. L'ascensore torna giù e i miei compagni di classe stanno disegnando. Come se nulla fosse. Stanno progettando una collezione di moda per i manichini e i burattini. 

Sei riuscita a parlare con Dio? Mi chiede la professoressa. 
Non rispondo, e poi mi sveglio. 

Il mio psichiatra mi chiede: E cosa avresti detto a Dio se l'avessi incontrato

Interdetta non ho saputo rispondere. Proprio non lo so.

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