giovedì 22 agosto 2013

Indocina

Nota:  I racconti qui pubblicati sono inediti  ed interamente ideati e scritti da Thasala Phan, a cui appartengono tutti i diritti (vedi nota in fondo alla pagina). Alcuni luoghi citati, i personaggi e le trame sono frutto di sola fantasia. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.


*** 


Nacqui nell'Impero Celeste, dai monti ricoperti di neve. Vidi candidi bucaneve, pastori, greggi. Successe in un tempo ormai morto nei secoli. E scorro. E cerco. Io posso solo guardare avanti e mai tornare indietro.

Ho visto uomini mutare e guerre susseguirsi nella storia dell'umanità. Il loro sangue ha colorato le mie acque per poi diluirsi e sbiadirsi in esse. Molte lacrime si sono perse nelle mie correnti. Io lavo le ferite e purifico le anime addolorate delle vedove e degli orfani. Gli uomini nascono, gli uomini muoiono. Gli uomini uccisero per conquistare le terre, per ottenere il potere. Alla fine morirono tutti. Li vidi sbagliare, soffrire, lottare per ottenere la felicità, ma alla fine morirono tutti.

Ma io posso solo osservare, non posso aiutare, consigliare o confortare, anche quando so che sbagliano. Io posso solo proseguire il mio percorso ed allontanarmi dalla mia culla di bucanevi. E proseguo a sud, nelle terre dei nomadi dominate dal sole.

Per mille anni il popolo dell'Impero Celeste ha invaso questi territori, mescolando la sua pelle chiara con la carnagione arsa dei contadini e dei pescatori. Impose i suoi suoni e il suo idioma. Dagli stupri e dagli amori proibiti, clandestini, nacquero bambini bastardi. Non vi fu mai pace nelle terre del sole.So che per l'uomo sarà sempre così.

Io scorro e cerco il mare. Bramo di sapere tutto quello che non conosco. Sto scorrendo e fluisco sempre più impaziente. Come un adolescente che vuole la sua libertà e sogna di diventare adulto subito, senza sapere che un giorno ricorderà e rimpiangerà il suo passato, i giorni spensierati.

Mi chiamano Fiume Rosso ma io non ho nomi. Posso solo andare avanti. Dinnanzi a me la distesa sconosciuta ed immensa mi aspetta, ma anche se ho paura io devo seguire quel destino, è il disegno della mia vita fin dalla nascita.

Scorro sempre più velocemente, è un gelo nel gelo. E poi.

Freddo. Luce e buio.
Amaro e salato. 
Tante lacrime, e nessuna scelta.
Respiro.
E’ come nascere una seconda volta.

Ricordo vagamente quando ero un timido corso d’acqua sulle montagne. Ero un ruscello che scorreva vicino alle loro voci e alle loro storie. Poi divenni fiume, e nella mia culla di bucanevi non potei più tornare, perché le correnti di un fiume non possono mai invertire il loro percorso e scorrere verso i monti.

Ora sono in questa pace grandiosa e oscura dal profumo salmastro e l'impeto irruente delle cose selvagge. Dolce e calmo, forte e micidiale. Sono il freddo e la lotta, la natura avversa contro cui inutilmente combatte l’uomo. La mia forza potrebbe anche ucciderli. Quando l'ira pervade, le onde selvagge ribolliscono sulle rive, sputando i cocci lasciati dall'umanità, dal tempo e dalla storia.

Ora che ne faccio parte, sono veramente consapevole di essere solo. Ma si nasce innocenti una sola volta.

In questa immensa solitudine.
Comincia la mia nuova vita.

Oceano Pacifico.

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